In questo articolo facciamo una panoramica dello stoicismo dalla sua fondazione in Grecia sino all’età cristiana.
Indice
La fondazione della scuola
Secondo la tradizione il fondatore dello stoicismo è Zenone di Cizio (335-263 a.C.). Zenone originario di Cipro, intorno ai vent’anni, si sarebbe spostato ad Atene, dopo essersi avvicinato alla filosofia attraverso la lettura di alcuni dialoghi socratici. Ad Atene divenne allievo Diogene, il filosofo cinico, fino a fondare la sua scuola, intorno al 300 a.C.. Tale scuola prese il nome di stoica, poiché le lezioni si svolgevano nella Stoá Poikíle, il Portico dipinto dell’agorà ateniese. Zenone scrisse un gran numero di opere di cui nessuna, sfortunatamente, è giunta sino a noi.
Sebbene lo stoicismo sia vicino al cinismo, in quanto anche per il primo, come per il secondo, lo scopo della filosofia è la ricerca della felicità attraverso, queste scuole di pensiero divergono in quanto lo stoicismo afferma che la virtù è possibile solo attraverso la scienza.
I tre periodi dello stoicismo
Lo stoicismo ebbe una larga diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo e la sua scuola durò per molti secoli. Gli studiosi, dato il lungo arco temporale della scuola, sono soliti dividere in tre epoche lo sviluppo dello stoicismo:
- Età antica, tra la fine IV secolo e il III secolo a.C.. Questa è l’età dei tre grandi maestri: il fondatore Zenone e i due successivi scolarchi, Cleante e Crisippo. Cleante e noto per avere condotto una vita completamente dedita alla filosofia e al lavoro manuale. Da giovane si mantenne come pugile, mentre da adulto prosciugava pozzi. Un profilo più tradizionale è invece quello di Crisippo, terzo scolarca. Crisippo fu un autore molto prolifico, avendo scritto circa 700 opere. Con lui la scuola ha raggiunto un altissimo livello di prestigio e fama.
- Età media, si sviluppa tra I e II sec. a. C., in cui la scuola assimila alcuni elementi delle dottrine eclettiche.
- Nuovo stoicismo, che si sviluppa in età cristiana e largo spazio è lasciato alle riflessioni morali e religiose.
La divisione della filosofia e la metafora del frutteto
Seguendo il pensiero di Zenone, abbiamo affermato che la scienza è la condizione necessaria per la virtù, che è poi condizione per la felicità. La virtù eredità dalla scienza le divisioni di quest’ultima. Secondo gli stoici infatti ci sono tre virtù principali alle quali corrispondono i tre principali ambiti del sapere, come illustrato dalla seguente tabella.
Filosofia (o scienza) | Virtù |
fisica | naturale |
etica | morale |
logica | razionale |
Gli stoici sono soliti rappresentare la loro concezione della filosofia con la metafora del frutteto. La filosofia sarebbe un frutteto, ovvero l’intero, mentre le sue parti, ovvero logica, fisica ed etica, sono rispettivamente il muro di cinta, gli alberi e i frutti.
Logica e gnoseologia
Le divisioni della logica
Il termine “logica” è stato utilizzato per la prima volta proprio da Zenone1. Essa è la scienza che ha per oggetto i lógoi, cioè i discorsi. Secondo Zenone la logica, non è no strumento per le altre scienze, bensì essa è autonoma. Essa inoltre è articolata nelle seguenti parti:
- retorica, che è la scienza dei discorsi lungi, le orazioni;
- la dialettica, che è la scienza dei discorsi fatti di domande e risposte. A sua volta la dialettica si divide in:
- grammatica, il cui oggetto di studio sono le parole;
- la logica strictu sensu, che ha per oggetto specifico le rappresentazioni, le proposizioni, le premesse, le conclusioni, le argomentazioni e i sofismi.
Concentriamoci sulla dialettica. Essa è definita come la scienza di ciò che è vero e di ciò che è falso e di ciò che non è né vero né falso. Cosa significa questa definizione? Spieghiamolo per punti.
Ciò che non è né vero né falso sono i concetti, ovvero i singoli termini. Nel linguaggio stoico, ciò che non è né vero né falso è ciò a cui non ha senso attribuire un valore di verità2. Dal punto di vista meramente grammaticale i nomi propri, come Francesco, o quelli comuni come mammifero, non sono portatori di verità3. Non ha senso, per essi, chiedersi se siano veri o falsi.
Al contrario, le proposizioni si candidano naturalmente per essere portatrici di verità. Se non ha senso chiedersi se Francesco o mammifero siano veri, ha invece perfettamente chiedersi se sia vero, ad esempio, che Francesco è un mammifero. Francesco è un mammifero è, ovviamente, una proposizione. Certamente non possono esserci proposizioni senza concetti.
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Le rappresentazioni e i concetti: empirismo e nominalismo
Fino ad ora abbiamo definito la dialettica come quella scienza che si occupa del vero. Ma quale è il criterio di verità? Cosa rende una cosa vera secondo gli stoici? Per rispondere a questa domanda dobbiamo introdurre la gnoseologia stoica e, pertanto, anche l’importante concetto di rappresentazione catalettica.
Dal punto di vista gnoseologico, lo stoicismo si presenta come una filosofia empirista. Ogni conoscenza umana, secondo lo stoico, deriva dai sensi. Alla nascita la mente dell’essere umano è una tabula rasa, una tavola di cera dove non è stato inciso alcunché. Secondo gli stoici il passaggio dalla semplice ricezione sensibile alla conoscenza si articola in quattro momenti.
- La rappresentazione (🖐). La mente umana è passiva e semplicemente riceve la sensazione.
- L’apprensione (✋). Il soggetto dà il suo assenso alla rappresentazione. La mente è parzialmente attiva.
- La rappresentazione catalettica (✊)4. Questo avviene quando la rappresentazione è completamente acquisita dalla mente, che la giudica come vera, che è così completamente attiva. La rappresentazione catalettica è il criterio di verità.
- La rappresentazione concettuale, o scienza (✋🤛). Corrisponde alla comprensione intellettuale, concettuale. Con quest’ultimo stadio si raggiunge la conoscenza più completa.
Gli stoici forniscono anche una classificazione dei concetti, distinguendoli in:
- naturali, ovvero quelli che sorgono in concomitanza ad un’esperienza ripetuta. In quel caso si genera la prolessi, ovvero l’anticipazione, il concetto di quella cosa.
- Artificiali, ovvero concetti non tratti dall’esperienza, ma dal ragionamento. Esempi sono i concetti di triangoli e bene, di cui non possiamo fare esperienza.
Il triangolo semantico
Gli indimostrabili stoici
Forma logica | Esempio |
Se A allora B. Ma A, quindi B. | Se è giorno c’è luce. Ma è giorno, quindi c’è luce. |
Se A allora B. Ma non–B, quindi non–A. | Se c’è giorno c’è luce. Ma non c’è luce, quindi non è giorno. |
Non A insieme a B. Ma A, quindi non–B. | Non possono darsi insieme luce e buio. Ma si dà la luce, dunque non si dà il buio. |
O A o B, ma A, quindi non–B. | O luce o buio, ma si dà la luce, quindi non si dà il buio. |
O A o B, ma non–A, quindi B. | O luce o buio, ma si non dà la luce, quindi si dà il buio. |