Gli alunni stranieri – Cittadinanza, accoglienza a l’Italiano L2

Alunni stranieri cover

In questo articolo trattiamo il tema degli alunni stranieri, soffermandoci sulla loro accoglienza, sul loro inserimento e sulla didattica.

Ius sanguinis e cittadinanza italiana

L’espressione raccoglie una molteplicità di casi su cui è opportuno fare ordine seguendo la legge italiana. Partiamo dal fatto che, ad oggi, in Italia non vale lo ius soli, ma lo ius sanguinis. Questo significa che un bambino può avere cittadinanza italiana secondo la seguente norma.

Art. 1, L. 91/1992
È cittadino per nascita:

a) il figlio di padre o di madre cittadini;

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi.

 

Si noti ancora che i bambini stranieri adottati da cittadini italiani ereditano ovviamente la cittadinanza italiana dai genitori. Ancora, possono diventare cittadini italiani, coloro i quali, pur essendo stranieri, risiedono legalmente in Italia da almeno 2 anni, e hanno compiuto il 18° anno d’età1.

Le Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri del febbraio 2014

In base alle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, possiamo parlare di un pianeta stranieri, ovvero una ricchissima casistica che andiamo a riassumere nel seguente elenco.

  • Alunni con cittadinanza non italiana. Sono alunni che hanno ereditato la cittadinanza straniera dai genitori. Ad essi si applica la normativa sui cittadini stranieri residenti sul territorio della Repubblica. Dal punto di vista didattico, è importante constatare la competenza dell’alunno nella lingua italiana.
  • Alunni con ambiente familiare non italofono.
  • Figli di coppie in cui un genitore è italiano e l’altro no. In questo caso l’alunno eredita comunque la cittadinanza italiana. Spesso ha poi il vantaggio di essere bilingue.
  • Gli alunni arrivati per adozione internazionale. Si tratta, molto spesso, di studenti che, prima di essere adottati hanno vissuto anni di disagio nella loro patria e pertanto rientrano nella macrocategoria BES (bisogni educativi speciali).
  • Alunni appartenenti ad etnie nomadi come rom, sinti e caminanti. Per questa particolare categoria vi è un alto rischio di evasione scolastica e irregolarità nella frequenza.

 

A parte queste categorie individuate nelle Linee Guida del 2014, rispetto alla scuola secondaria (medi e superiori) si possono distinguere due categorie:

  • alunni stranieri nati Italia: difficilmente non hanno una sufficiente competenza linguistica, risiedendo in Italia da molto tempo;
  • nati all’estero: che in genere non risiedono in Italia da molto tempo, e che pertanto non hanno potuto sviluppare una competenza sufficiente della lingua italiana.

 

Sempre nelle Linee Guida si osserva che le maggiori criticità si avvertono nel secondo ciclo di istruzione. Come si legge infatti:

Considerando lo svantaggio relativo – in termini di ritardi, ripetenze e performance scolastiche – dei nati all’estero rispetto ai nati in Italia, è evidente che è il secondo ciclo di istruzione quello in cui, al momento e per un tempo prevedibilmente non brevissimo, si addensano le maggiori criticità.

Alcune osservazioni sulla cittadinanza

Anacronismo della Legge 91/1992

Le Linee Guida si soffermano anche sul concetto di cittadinanza, suggerendo che la Legge 91/1992 sia anacronistica rispetto allo stato attuale. Come si legge infatti:

[…] la legge sulla cittadinanza, datata 1992 […] pone la cittadinanza come un traguardo troppo lontano per chi arriva in Italia ma soprattutto per chi vi nasce, cresce e studia, dovendo aspettare la maggiore età per ottenerla. L’acquisizione della cittadinanza riguarda gli immigrati, ma assume particolare rilievo per i minori nati in Italia da genitori stranieri. Anche alla luce di questa realtà, da più parti si propone di modificare la normativa sulla cittadinanza.

Cittadinanza anche come cittadinanza attiva

Ancora, sempre le Linee Guida allargano il concetto di cittadinanza, non soltanto intesa come diritto di sangue, ma come cittadinanza attiva. Come si legge infatti:

[…] con il termine “cittadinanza” si vuole indicare non solo lo status formale di cittadino, ma anche la capacità di sentirsi cittadini attivi, in grado di esercitare i diritti e di rispettare i doveri della società di cui si fa parte e di partecipare a pieno titolo al suo sviluppo.

È evidente che se la Scuola è l’istituzione atta a formare i cittadini di domani, allora la cittadinanza non può solo essere uno status giuridico, ma anche un traguardo e la possibilità di esercizio di essa.

Iscrizione e accoglienza

L’Italia recepisce, con il DPR 394/1999 la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1991. Tale DPR afferma, nell’art. 45:

Art. 45, DPR 394/1999
[…] i minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno il diritto di all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all’obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia.

Ne anche che l’esercizio di questo diritto precede altri aspetti formali. Infatti, se un alunno stranieri non ha tutti i documenti necessari all’iscrizione, si procede ad essa con riserva. La riserva non riguarda i risultati e i diplomi raggiunti durante il periodo d’istruzione.

L’accoglienza

L’iscrizione non è che un momento nel processo di accoglienza nell’istituto scolastico degli alunni stranieri. In particolare Le Linee Guida del 2006, invitano alla formazione di una commissione intercultura o di accoglienza. Questa commissione, costituita da docenti e personale con le specifiche competenze, favorisce due processi:

  • la conoscenza della famiglia e dell’alunno del contesto scolastico e della sua organizzazione, come pure il funzionamento della Scuola in Italia;
  • la conoscenze da parte dell’istituzione scolastica del background dello studente straniero.

 

Le Linee Guida del 2006 e del 2014, come pure il già citato DPR 394/1999 prevedono che nella commissione d’accoglienza possa esservi un mediatore culturale.

Criteri di assegnazione degli alunni stranieri alle classi

Di base vale il principio in base al quale lo studente debba essere iscritto alla classe più vicina alla sua età anagrafica, per come è scritto nel DPR 394/1999:

 DPR 394/1999
[…] I minori stranieri soggetti all’obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica […]

Questo tuttavia è un principio di massima. Come si è precedentemente asserito, in molti casi gli alunni stranieri possono rientrare nella macrocategoria BES. Possono vivere o aver vissuto in uno stato di disagio culturale, non aver avuto l’occasione di apprendere l’italiano, essere profughi e così via. La preparazione e le competenze, in altri termini, non necessariamente devono corrispondere all’età anagrafica dello studente straniero. Infatti. sempre il DPR 394/1999 continua affermando:

 DPR 394/1999
[…] salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:

a) dell’ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell’alunno, che può determinare l’iscrizione ad una classe inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica;

b) dell’accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell’alunno;

c) del corso di studi eventualmente seguito dall’alunno nel Paese di provenienza;

d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall’alunno.

Ulteriori altri criteri per l’inserimento di alunni stranieri nelle classi

Una prima questione riguarda l‘evitare la formazione di classi in cui sia predominante il numero di stranieri. Il C.M. 2/2010 indica un massimo del 30% di stranieri per classe.

Un’altra questione è quella di evitare la formazione di classi troppo omogenee, ovvero dove vi sia una predominanza numerica di alunni stranieri che accomunati, secondo il le Linee Guida del 2006 e del 2014:

[…] per provenienza territoriale o religiosa.

Questo principio è finalizzato a favorire l’inclusione e l’integrazione, scoraggiando la segregazione. Tuttavia può essere disatteso, sempre secondo le Linee Guida del 2006 e del 2014 nel caso in cui:

[…] specifiche esigenze didattiche possono richiedere la formazione temporanea di gruppi omogenei.

Apprendimento dell’Italiano L2

In molti casi gli alunni stranieri non conoscono o non conoscono a sufficienza l’italiano. Si tratta quindi di insegnare loro l’italiano come seconda lingua (L2).

L’apprendimento dell’Italiano L2 passa per tre fasi che presentiamo di seguito.

Fase iniziale dell’apprendimento dell’Italiano L2 per comunicare

Lo scopo dell’insegnamento in questa prima fase è quello di fornire agli studenti stranieri un livello base A1 o A2 secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER).

In genere la scuola istituisce corsi di 8-10 ore, con lezioni da 2 ore al giorno. Tali corsi vengono continuati per 3 o 4 mesi. In base alla già citate Linee Guida 2014, questi corsi devono avere come scopo:

  • lo sviluppo delle capacità di ascolto e comprensione dei messaggi orali;
  • l’acquisizione del lessico fondamentale della lingua italiana (le circa 2000 parole più usate);
  • l’acquisizione e la riflessione delle strutture grammaticali di base;
  • il consolidamento delle capacità tecniche di lettura/scrittura in L2.

A questo apprendimento formale, si aggiunge ovviamente l’apprendimento che necessariamente avviene con lo scambio linguistico tra lo studente straniero e i compagni italofoni. Infatti. sempre le Linee Guida del 2014 affermano:

[…] gli alunni apprendono al lingua per comunicare in maniera più rapida ed efficace soprattutto nelle interazioni quotidiane tra i pari.

Fase “ponte” di accesso all’Italiano dello studio

In questa fase ponte si assiste ad un processo di apprendimento integrato. Si continuano gli studi dell’Italiano della fase iniziale, ma si integrano e si specializzano con i contenuti delle diverse discipline. Lo scopo è appunto superare il livello di comunicazione elementare per far sviluppare allo studente straniero una padronanza tale della lingua da poterla utilizzare per lo studio.

Fase degli apprendimenti comuni

In questa fase finale, il gap linguistico passa in secondo piano, dato che per lo più è stato sufficientemente formato. È in questo momento infatti che la peculiarità e il background dello studente straniero diventa una ricchezza per l’attività didattica.

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