In questo articolo trattiamo il pensiero di Guglielmo d’Ockham, uno dei maggiori esponenti della Scolastica, noto come Doctor Invincibilis.
Indice
Biografia e opere
Biografia
Opere
Contro il realismo
Guglielmo d’Ockham si inserisce si da subito nella disputa degli universali assumendo una posizione nominalistica. Tale posizione discende dalla sua critica al concetto di “universale”. In primo luogo, il filosofo obietta che solo la natura di Dio si divide senza moltiplicarsi. Ma, se così è, allora l’universalità del genere umano si dividerebbe tra tutti gli individui, dunque avremmo tanti universali umanità quanti sono gli individui, il che distrugge il concetto stesso di universale.
Ne segue che per il pensatore gli universali non sono entità concrete, ma soltanto dei predicati, dei segni che stanno per le cose (suppositio). Ora, secondo il filosofo questi segni non sono arbitrari. Un inglese può predicare di un individuo la “caninità” utilizzando il termine dog, un francese chien, un italiano cane. Questo è vero, ma non è questa l’arbitrarietà a cui si riferisce il teologo. Piuttosto, egli afferma che vi è una sorta di naturale corrispondenza tra il modo in cui predichiamo (attribuiamo un segno) di un oggetto e l’oggetto stesso. Infatti, secondo il filosofo la logica, che si occupa dello studio dei segni, si occupa proprio di quei segni che sono intentiones, ovvero che si riferiscono a qualcosa. D’Ockham distingue anche tra:
- segni di prima intenzione, ad esempio uomo
- segni di seconda intenzione, ad esempio specie
Revisione delle categorie aristoteliche
Anche le categorie aristoteliche – in quanto generi sommi logici/ontologici – sono segni di seconda intenzione. Non tutte però secondo il teologo. Categorie come quantità e qualità si riferiscono sempre alla sostanza, spazio e tempo non sono che relazioni. Le relazioni, secondo il filosofo, non sono reali. Ad esempio, se io affermo che Platone e Socrate si assomigliano, non per questo do sostanza alla relazione di somiglianza.
Suppositio e verità dei giudizi
Abbiamo precedentemente affermato che i predicati sono suppositio, ovvero devono avere un referente reale. Guglielo d’Ockham distingue tra te tipi di suppositio:
- la suppositio personale, nella quale il termine sta per cose individuali. “Uomo” non sta ad indicare l’universale, ma denota tutti i singoli uomini esistenti.
- quella semplice: in cui il termine denota un concetto, ad esempio “l’uomo è una specie”, tuttavia qui non viene spiegato cosa sia l’uomo.
- quella materiale: il termine è semplicemente l’occorrenza del segno.
Ora, tornando alla logica, per il filosofo i giudizi sono veri se e solo se esistono gli enti a cui essi si riferiscono. In altri termini, il giudizio “l’uomo è un animale razionale”, va inteso in maniera equivalente a “se esiste una x e tale x è un uomo, allora x è razionale”. Inoltre è importante ricordare come per il filosofo nessun giudizio vero lo è necessariamente. Tutti i giudizi, infatti, sono contingenti.
Il rasoio d’Ockham
La grande popolarità del filosofo inglese si deve senza alcun dubbio al noto principio di economia logico-argomentativa noto come il rasoio d’Ochkam. La formulazione più chiara di tale principio è la seguente:
pluralitas non est ponenda sine necessitate
non bisogna porre pluralità senza che sia necessario
In altri termini, non è corretto ipotizzare l’esistenza di enti senza una base per farlo. In questo senso il filosofo adotta un radicale empirismo gnoseologico.
La critica di Ockham verso il potere temporale del pontefice
Il pensiero politico del filosofo inglese affonda le sue radici nel pauperismo francescano. Egli concepisce la chiesa non come un Stato, ma come una libera comunità di fedeli – similmente a come la concepirà Locke ben tre secoli dopo. Essendo quindi una comunità spirituale, le sue autorità, compreso il pontefice, devono essere estranee al potere politico ed economico. La gerarchia ecclesiastica deve, dunque, limitarsi ad un ruolo pastorale.
Inoltre, data la povertà predicata da Cristo, il pontefice ha tradito il messaggio originale del Vangelo. Lo Stato della Chiesa non dovrebbe avere alcuna giurisdizione sull’Impero o su altri Stati.