In questo articolo trattiamo il pensiero di Abelardo, filosofo e teologo vissuto a cavallo tra XI e XII secolo.
Indice
Biografia e opere
Biografia
Pietro Abelardo (Pierre Abélard, 1079-1142) fu certamente una delle figure principali nel panorama filosofico del Medioevo. Originario di Le Pallet, nei pressi di Nantes, il pensatore iniziò la sua carriera come insegnante di dialettica, per poi insegnare a Parigi teologia nella scuola cattedrale, primo nucleo di quella che sarà successivamente l’Università parigina. Abelardo fu sempre molto vivace e polemico dialetticamente. La sua dottrina trinitaria venne bollata come eretica durante il Concilio di Soisson (1121).
L’episodio che più segnò tragicamente la sua vita fu l’amore per Eloisia. Eloisia, nata a Parigi nel 1099, ben venti anni più giovane di lui, fu affidata ad Abelardo da Fulberto, il canonico di Notre-Dame, affinché completasse la sua istruzione. Tra i due nacque un amore passionale che portò allo scandalo e all’evirazione di Abelardo. Entrambi gli amanti finirono poi col prendere i voti e finire le loro vite lontani l’uno dall’altra. La storia di Abelardo ed Eloisia rimane una della più famose storie d’amore medievali. Jean-Jacques Rousseau intitolerà un suo romanzo epistolare Giulia o La nuova Eloisia (1761), proprio in riferimento alla vicenda di Abelardo.
Opere
Abelardo fu l’autore di molte opere si carattere filosofico e teologico. Ne riportiamo le più importanti.
Titolo originale | Titolo tradotto |
Sic et non | Sì e no |
Trattato sull’Unità e la Trinità divina | |
Introduzione alla teologia | |
Teologia cristiana | |
Conosci te stesso |
A queste va aggiunto l’Epistolario con Eloisia, raccolta degli scambi epistolari tra i due amanti. Particolarmente significativa, dal punto di vista autobiografico, è la lettera intitolata Storia delle mie disgrazie.
Intelligo ut credam
Abelardo riafferma con forza i diritti della ragione. L’argomentazione razionale infatti ha lo scopo di mostrarci cosa sia opportuno credere o meno. Ne segue che solo attraverso la disamina razionale ha senso prestare fede a qualcosa. Cade, nel pensiero di Abelardo e con largo anticipo rispetto alla Rivoluzione Scientifica, il concetto di richiamo all’autorità. L’autorità va seguita, ma solo finché viene confermata dalla ragione, che ha l’ultima parola.
La ragione ha anche lo scopo di decidere quali posizioni siano corrette. Il pensatore, nell’opera Sic e non, raccoglie diverse posizioni sugli stessi temi da parte dei teologi precedenti. L’idea di Abelardo è quella di risolvere un tale pluralismo, spesso contradditorio, valutando razionalmente i pro e i contro delle diverse posizioni in merito ad una stessa quaestio.
L’importanza data alla ragione, fa sì che il filosofo recuperi e dia importanza a tutta la tradizione pre-cristiana, in particolare alla filosofia greca. Tra i pensatori greci, egli ritiene che Platone, più degli altri, si sia avvicinato alla concetto trinitario.
Teologia
La questione della Trinità
Un posto centrale nella filosofia di Abelardo è occupato dalla riflessione sulla Trinità . Il teologo ritiene che le persone della trinità siano distinte, poiché ad essi corrispondono differenti attributi . In particolare:
- la potenza divina è l’attributo del Padre;
- al Figlio o Verbo appartiene la sapienza;
- Infine, allo Spirito Santo la carità.
Questa separazione venne condannata, come abbiamo accennato, durante il Concilio di Soisson. In particolare contro tale posizione si schierò Bernardo di Chiaravalle, che concepiva la posizione di Abelardo come una forma di modalismo, ovvero le Persone della Trinità come ridotte a modi.
Ottimismo metafisico
Abelardo concepisce come l’azione divina come necessaria. Dio infatti non può che agire secondo alcune motivazioni, che sono le migliori possibili, quelle necessarie per far sì che il bene si realizzi. Il porre la questione di un agire alternativo di Dio equivale a non comprendere che Dio agisce sempre per il massimo bene, e dunque disconoscere che tutto ciò che accade è bene. Da questo segue l’ottimismo metafisico di Abelardo.
Etica
Abelardo concepisce l’uomo come un essere libero. L’uomo può agire liberamente, ma questo avviene soltanto quando segue il proprio giudizio morale. Altrimenti l’uomo segue gli istinti, ma nel farlo non è più libero di un animale. Da questa concezione seguono alcune distinzioni:
- il vizio è la propensione al male, mentre il peccato, dunque il comportamento immorale è cedere all’istinto.
- la virtù morale è invece la resistenza alle tentazioni.
Il desiderare, tipico dell’umanità, non è un elemento di per sé morale o immorale. Abelardo lo concepisce come pre-morale. La composizione dell’arbitrio secondo le sopraccitate categorie di peccato e virtù fanno del desiderare, all’occasione, un elemento morale o meno. Morali o meno sono invece già le intenzioni, e non nell’azione. Del resto, secondo Abelardo, un individuo può compiere azioni “cattive” anche senza volerlo, inintenzionalmente, o perché obbligato. Anche per questo, per Abelardo Dio è l’unico a poter giudicare moralmente gli uomini. Le intenzioni di questi possono essere imperscrutabili dai loro pari. La posizione secondo cui sono le intenzioni e non le conseguenti azioni ad dover essere giudicate moralmente, fu condannata, un anno prima della morte di Abelardo, nel Concilio di Sens del 1141.