Il questa lezione introduciamo al pensiero di Jeremy Bentham, filosofo e giurista inglese e padre dell’utilitarismo moderno.
Indice
Biografia e opere
Biografia
L’Auto-Icon di Bentham
Opere
L’utilitarismo
A Bentham si deve certamente la trasformazione dell’utilitarismo in una vera propria dottrina in età moderna. Atteggiamenti e correnti utilitaristiche erano tuttavia presenti sin dall’antichità. Basti pensare all’utile in Protagora. Ad ogni modo, l’utilitarismo risente anche dell’influenza illuministica ed empiristica.
La tesi principale di questa dottrina è che la moralità si identifica con la ricerca della massima felicità possibile per il maggior numero di persone.
Secondo Bentham, tutto l’agire umano su basa sulla ricerca del piacere e sulla fuga dal dolore. Anche le leggi sono espressione di ciò. Infatti, le leggi di uno Stato, pur essendo molto sofisticate ed astratte, tuttavia trovano al loro ragion d’essere nella ricerca di un benessere diffuso degli individui che ad esse si sottopongono. Ovviamente, per Bentham l’utile non si identifica necessariamente con il piacere. Alcuni piaceri possono portare alla diminuzione del piacere nel medio e lungo periodo. Ciò che è utile infatti
[…] è ciò che tende ad aumentare la somma totale del benessere.
Ecco un brano di Bentham, preso dai Trattati della legislazione civile e penale, in cui il filosofo ben illustra il principio di utilità.
Il compito delle leggi
Da questo punto di vista il compito delle leggi è quello di conciliare gli interessi degli individui uti singuli con quelli della società. In questo senso il comportamento antisociale dei criminali va certamente represso. Bentham, ed in questo è certamente ispirato dal pensiero di Beccaria, è contrario alla pena di morte e concepisce l’incarcerazione non come un sistema punitivo, ma correttivo. La pena di morte è infatti considerata dal Bentham come una vendetta dello Stato contro il criminale, che nulla ha a che fare con la prevenzione di un certo crimine.
Il panopticon
Bentham fu anche l’inventore di un particolare tipo di carcere, chiamato panopticon1
L’idea alla base di questo particolare tipo di struttura detentiva è quella di avere una visione d’insieme e simultanea di tutti gli individui incarcerati. La prigione non avrebbe nemmeno presentato sbarre, in quanto gli spazi tra i reclusi sarebbe stato ben distinto, oltre ad essere continuamente sorvegliati. Bentham pensava che questo tipo di architettura potesse essere applicata anche ad istituti di tipo differente, come scuole, ospedali e fabbriche.
La descrizione di Foucault del panottico in Sorvegliare e punire
Il Panopticon ha rappresentato un’importante fonte di ispirazione e riflessione per la filosofia del Novecento. Ecco la descrizione che ne ha dato il filosofo francese Michel Foucault nella nota opera Sorvegliare e punire (1975).
Tante gabbie, altrettanto piccoli teatri, in cui ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile. Il dispositivo panottico predispone unità spaziali che permettono di vedere senza interruzione e di riconoscere immediatamente.
[…] Ciascuno al suo posto, rinchiuso in una cella, è visto di faccia dal sorvegliante, ma i muri laterali gli impediscono di entrare in contatto con i compagni. È visto, ma non vede; oggetto di un’informazione, ma mai soggetto di una comunicazione. La disposizione della sua cella, di fronte ad una torre centrale, gli impone una visibilità assiale, ma le divisione dell’anello, quelle celle ben separate, implicano una invisibilità laterale, che è garanzia di ordine.