In questa lezione trattiamo gli imperatori di Svevia Federico I “Barbarossa” e Federico II di Svevia, detto lo Stupor Mundi. Questa lezione è strettamente collegata a quelle su Innocenzo III e alle Crociate.
Indice
Le regalìe
Nella lezione sui Comuni abbiamo accennato alla debolezza del potere centrale, che avrebbe così favorito l’esperienza di autogoverno comunale. Fu la morte dell’ imperatore Enrico V (1111-1125), senza ch’egli avesse un erede, a causare una crisi dinastica e il conseguente vuoto di potere. Le communiones dell’Italia settentrionale, iniziarono quindi ad esercitare una serie di prerogative che avrebbero dovuto appartenere solo e soltanto all’imperatore, le regalìe.
Regalìe |
Il termine proviene dal latino regalia e significa letteralmente “cose del re”. Con esso si indicano le prerogative regie nel campo amministrativo, fiscale, monetario, giurisdizionale. Alcuni esempi: coniare monete, stabilire e riscuotere le tasse, nominare burocrati e magistrati. |
Elezione di Federico I di Hohenstaufen – 1152
Il vuoto di potere nell’impero non era però destinato a continuare indefinitamente. Nel 1152 divenne re di Germania Federico I di Hohenstaufend, detto il Barbarossa, duca di Svevia (1125-1190). La sua elezione fu una elezione di compromesso, per non scontentare né i ghibellini né i guelfi. I primi infatti sostenevano i duchi di Svevia, e Federico era figlio di Federico II, duca di Svevia, mentre la madre Giuditta, era sorella del duca di Baviera, Enrico il Superbo, di parte guelfa.
Le discese in Italia di Federico I
Dopo aver stabilizzato la situazione in Germania, il Barbarossa, si dedicò a perseguire il suo progetto imperiale, agendo su tre fronti:
- sottomissione del papa;
- invasione del Regno normanno nel Sud Italia;
- sottomissione dei comuni nell’Italia settentrionale.
Prima discesa – 1154-1555
La prima discesa del Barbarossa in Italia era legittimata dalla richiesta di aiuto sia da alcuni comuni sia dal papato. In Lombardia alcune città, come Lodi, temevano l’eccessivo espansionismo milanese, mentre Arnaldo da Brescia, un monaco agostiniano che si scagliava contro la corruzione e i lusso del clero, predicando il pauperismo, teneva sotto scacco il pontefice Adriano IV a Roma.
Il Barbarossa tenne dunque una Dieta a Roncaglia, vicino Piacenza, alla quale invitò tutti i rappresentanti delle città italiane e della Chiesa. Lo scopo di questa assemblea fu quello di ridefinire i rapporti tra comuni e imperatore. Da un lato si riaffermarono i doveri di fedeltà dei vassalli ai loro signori, dall’altro Federico I riprese le proprie prerogative regie dai comuni a cui erano state concesse o che erano state usurpate. I comuni non accettarono di buon grado le conclusioni della Dieta, ma l’imperatore, distruggendo le fortificazioni di alcune città, mostrando la forza del suo esercito, calmò provvisoriamente la situazione.
L’attenzione del Barbarossa si rivolse quindi a Roma, dove senza troppe difficoltà catturò e consegnò Arnaldo da Brescia alle autorità pontificie che bruciarono l’eretico. Adriano IV incoronò quindi Barbarossa imperatore. Questi avrebbe proseguito poi la sua discesa verso il Meridione, tuttavia, la sollevazione dei seguaci di Arnaldo da Brescia lo costrinsero a riparare in Germania.
Seconda discesa – 1558-1162
La seconda discesa dell’imperatore si contraddistinse per la sua veemenza. Federico I indisse una nuova Dieta, sempre a Roncaglia, per ribadire con ancora più forza quanto stabilito nella prima. Le regalìe dovevano essere un’esclusiva imperiale, come venne stabilito dal decreto Constitutio de regalibus. Non solo questo: l’imperatore vietava la costituzione delle communiones, imponeva che in ogni comune vi fosse un suo rappresentante e vietava le leghe tra i comuni. Questo nuovo tono della presenza imperiali in Italia preoccupava anche il nuovo papa, Alessando III (1159-1181), che dal canto suo decise di allearsi con i Comuni, mentre Barbarossa appoggiava l’elezione di un Antipapa. Sempre l’imperatore poi, per dare una inequivocabile prova di forza, rase al suolo Crema (1160) e Milano (1162), per poi ritornare in Germania.
Terza e quarta discesa – 1163-1164 e 1166-1167
La terza discesa del Barbarossa in Italia fu davvero breve e causata dalla nascita della Lega Veronese, ma l’imperatore dovette tornare presto in Germania per motivi di salute. Anche la quarta discesa fu molto breve, registrando l’aperta ostilità di molti comuni. Nel 1167 l’esercito imperiale consegue una vittoria contro l’esercito pontificio a Prata Porci, in Lazio. Sempre in quest’anno nasce una nuova Lega, la Lega lombarda (Societas Lombardiae), nata dalla fusione della Lega Veronese e quella Cremonese.
Quinta discesa: la battaglia di Legnano (1176) e la pace di Costanza (1183)
Dopo un periodo di sei anni passato in Germania (1168-1174), Federico I dovette discendere nuovamente in Italia. Lo scontro decisivo si ebbe a Legnano, il 29 maggio del 1176, battaglia campale vinta dai Comuni.
La vittoria dei Comuni a Legnano portò alla Pace di costanza del 1883. In base a questo accordo, pur rimanendo fedeli, formalmente, all’imperatore, I comuni conservano le prerogative regie. Di fatto, questa pace segna il declino imperiale in Italia.
Il Sud Italia e la morte
La sconfitta nell’Italia Settentrionale ebbe, tra le sue conseguenze, anche quella di far abbandonare al Barbarossa l’invasione del Meridione ai danni del Regno Normanno. Tuttavia, egli riuscì a legare la casata di Svevia ai Normanni attraverso il matrimonio del figlio Enrico VI alla principessa normanna Costanza d’Altavilla.
Federico I morirà nel 1190, durante la terza crociata, affogato durante il guado del fiume Goksu, nella Turchia meridionale.
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Enrico VI e Costanza d’Altavilla – 1190-1197
Enrico VI Figlio del Barbarossa, sposa, come d’accordo preso, Costanza d’Altavilla. Quest’ultima riuscì a dare un erede ad Enrico VI solo nel 1194, dopo otto anni di matrimonio. Costanza aveva all’epoca una quarantina d’anni, età molto avanzata per avere figli per gli standard di allora. Proprio per evitare dicerie sulla genuinità della sua gravidanza, partorirà, a Jesi, in una piazza pubblica, sotto una tenda. Nacque così Federico II. Di lì a poco, Enrico VI morì improvvisamente, aveva solo trentadue anni, e dopo poco lo seguì anche Costanza d’Altavilla. Federico, affidato alla tutela di Innocenzo III, a tre anni era intanto diventato re di Sicilia.
Federico II di Svevia – 1194-1250
La politica imperiale di Federico II
Federico II si occupò principalmente del Meridione italiano, ovvero di quello che allora era il Regno di Sicilia, ereditato dalla madre Costanza d’Altavilla. Egli lasciò le faccende della Germania al figlio Enrico. Il suo amore per l’Italia meridionale era tale da fargli affermare, di ritorno dalla Terra santa:
Se Dio aveva tante volte lodato quella terra, chiamandola Terra promessa, eccellente su tutte le terre, evidentemente non conosceva […] né la Calabria, né la Sicilia né la Puglia.
Proprio come molti imperatori, Federico II cercò, e, in qualche misura riuscì, almeno nel Regno di Sicilia, a portare avanti una politica accentratrice. Nel 1220 infatti organizzò la dieta di Capua, ordinò l’abbattimento di tutti i castelli costruiti abusivamente, mentre nel 1226, con la dieta di Cremona, restaurò i diritti regali in Lombardia. L’imperatore sostituti quella rete di castelli con una nuova, di cui il più fulgido esempio è Castel del Monte, in Puglia, vicino ad Andria.
Il centralismo riprese poi nel 1231. In quest’anno, l’imperatore emanò a Melfi, in Basilicata, il Liber Augustalis1, documento noto anche come le Costituzioni del Regno di Sicilia o Costituzioni melfitane. Questo documento, nato dalla riscoperta del diritto romano e del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, esponeva i principi del governo di Federico II. al contempo introduceva una grande novità: in esso si affermava che il ruolo di imperatore era legittimato da principi secolari, come l’eredità dell’impero romano e la necessità dei popoli di avere una guida, non da Dio. Ancora, si sanciva il principio, avanzatissimo per l’epoca, secondo cui il sovrano non è superiore alle leggi.
La cultura dello Stupor Mundi
Non è possibile inquadrare l’eccezionalità di Federico II senza trattare la profonda passione che il sovrano nutriva per la cultura. L’imperatore infatti ordinò la fondazione di un’Università, quella di Napoli, invitando gli studenti che studiavano in altre università, a Settentrione, come quella di Bologna, a studiare nel Regno di Sicilia. Finanziò gli studi di molti giovani, ed egli stesso era molto interessato a tutti campi del sapere, dalla poesia alla fisica. Un’altra delle sue passioni fu certamente la caccia col falcone. Su di essa scrisse un libro, De arte venandi cum avibus, 2.
All’amore per la cultura, in Federico II si accompagnava una grande tolleranza religiosa, del tutto inedita per quei tempi. L’imperatore era cresciuto in un pluralismo di culture, religioni e popoli, come Arabi, Normanni, Tedeschi Ebrei, Greci. Egli stesso era poliglotta. Questa tolleranza trovò espressione tra il 1222 e il 1224, quando, dopo averli sconfitti in Sicilia, Federico deportò i Saraceni in Puglia, a Lucera. La deportazione non implicò l’obbligo di conversione e i Saraceni, seppur militarmente sconfitti, poterono continuare a professare la loro religione e vivere secondo i loro costumi. Questa tolleranza garantì a Federico la fedeltà dei Saraceni, le cui unità migliori entrarono a far parte della milizia personale dell’imperatore.
Federico II, che non ebbe mai una capitale, amava viaggiare di continuo con la sua corte itinerante, accompagnato da scienziati, intellettuali, amanti, da milizie ed animali esotici. La rete di castelli di cui abbiamo scritto serviva anche rendere possibile questa abitudine.
La crociata diplomatica – 1228-1229
Singolare fu pure il modo in cui Federico affrontò la sesta crociata. Il successore di Innocenzo III, papa Gregorio IX, premeva affinché l’imperatore riconquistasse Gerusalemme. Queste pressioni avevano come fine più l’allontanamento dell’imperatore dall’Italia che le conquiste in Terra Santa. Federico infatti non si era dimostrato il docile servo della Chiesa come avrebbe voluto Innocenzo III, suo tutore. L’imperatore, non attratto dall’idea della crociata, esitò e rimandò fino a che il papa lo scomunicò. Si decise allora a partire. La sesta crociata fu un successo senza precedenti: l’imperatore ottenne Gerusalemme dal sultano al-Malik al-Kamil, di cui era amico, mediante la diplomazia, senza alcuno spargimento di sangue.
Federico II e lo scontro con i comuni e il papato
La riorganizzazione e l’accentramento operato dall’imperatore preoccupava non poco sia il papato che i comuni del Settentrione. Si arrivò così ad uno scontro a Cortenuova, nel 1237, dove le truppe imperiali ebbero la meglio sulla lega guelfa. La sconfitta si rivelò ancora più insopportabile per la lega guelfa, perché Federico II, catturò il carroccio e lo spedì a Roma al fine di umiliare il Gregorio IX, che scomunicò l’imperatore per la seconda volta (1239).
La fortuna di Federico II era però destinata ad esaurirsi, con la salita al soglio pontificio di Innocenzo IV (1234-1254), determinatissimo a distruggere l’imperatore. Innocenzo VI scomunicò l’imperatore, lo proclamò decaduto e avviò una campagna di informazione, una vera e propria crociata che dipingeva Federico come l’Anticristo. Si formò una nuova lega guelfa che riuscì a sconfiggere le truppe imperiali a Parma, nel 1247. Pian piano il sistema di potere dell’imperatore si sgretolò, lo stesso figlio Enrico VII si ribellò contro il padre appoggiando i comuni tedeschi. Federico II moriva nel 1250.