La Prima Guerra Mondiale – 1914-1918

Prima Guerra Mondiale Cover

In questo articolo trattiamo la Prima Guerra Mondiale, nota anche con Grande Guerra, il conflitto che ha insanguinato l’Europa tra il 1914 ed il 1918.

Riepilogo delle cause

Abbiamo già trattato le cause della Prima Guerra Mondiale in questo articolo. Come riepilogo forniamo una tabella sinottica di quelle cause.

Cause politiche Cause economiche Cause militari Cause culturali
Il desiderio di rivincita dei Francesi nei confronti dei Tedeschi per la sconfitta nella Guerra franco-prussiana La rivalità economica relativa alle colonie tra Gran Bretagna e la Germania La politica militarista delle potenze Diffusione del nazionalismo
Il contenzioso tra Austria e Russia per il controllo dei Balcani La necessità delle grandi potenze di rifornirsi di materie prime e di garantirsi ampi mercati per favorire lo sviluppo industriale La corsa agli armamenti degli Stati europei industrializzati Tesi razziste sulla necessità di salvaguardare l’identità nazionale
Il malcontento delle varie nazionalità all’interno dell’Impero Austro-Ungarico L’applicazione del darwinismo sociale alle relazioni internazionali
Il declino dell’Impero Ottomano Gli atteggiamenti favorevoli alla guerra diffusi tra i giovani
La presenza di due sistemi di alleanza/blocchi contrapposti, la Triplice intesa e la Triplice Alleanza L’esaltazione della guerra e della violenza da parte di movimenti culturali, ad esempio il futurismo

Dall’inizio della guerra all’intervento italiano – 1914-1915

Scatta il sistema di alleanze

La Grande Guerra inizia, come abbiamo visto, con la dichiarazione di guerra da parte dell’Austria-Ungheria alla Serbia il 28 luglio 1914. La dichiarazione di guerra austro-ungarica non è che il primo pezzo del domino. Il sistema di alleanze e tale che tra il 28 luglio e il 4 agosto una serie di Stati dichiararono ad altri Stati:

  • il 29 luglio lo zar Nicola II ordinò la mobilitazione generale contro l’Austria-Ungheria;
  • il 1 agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia per poi dichiarare il 3 agosto guerra alla Francia;
  • il 4 agosto la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, che intanto attuava il piano Schlieffen invadendo il Belgio per poi puntare alla Francia1.

Le forze schierate

Nel seguente grafico interattivo forniamo una panoramica delle forze in campo schierate degli Stati nella Grande Guerra.

Le nuove armi

Non è possibile comprendere la specificità della Grande Guerra senza comprendere il potenziale distruttivo legato alle nuove innovazioni tecnologiche e belliche. Il modo di condurre la guerra nel Novecento è profondamente diverso da quello dell’Ottocento2, e se questo è vero lo è essenzialmente per le nuove armi, che elenchiamo di seguito.

  • Le mitragliatrici. Capaci di sparare centinaia di proiettili al minuto, queste nuove armi insieme ai fucili automatici e alle granate, rendevano assolutamente impraticabile lo scontro frontale, e furono uno dei principali motivi del trinceramento.
  • Le armi chimiche, in particolare i gas. I gas venivano rilasciati nella direzione del vento e potevano causare ustioni, avvelenamento e, ovviamente, la morte. Il primo utilizzo del gas in guerra fu quello tedesco nella città belga di Ypres il 22 aprile 19153. Gli eserciti trovarono poi delle contromisure ai gas come la maschera antigas.
  • L’aviazione. Per la prima volta nella storia dell’umanità la guerra veniva condotta anche nei cieli. L’utilizzo degli aerei militari si limitò tuttavia alla ricognizione o a episodici bombardamenti.
  • Il carro armato. Dapprima i carro armati non erano altro che dei piccoli camioncini blindati dal telaio blindato sui quali veniva montata una mitragliatrice. Il passo successivo fu quello di sostituire alle ruote gommate i cingolati
  • I sottomarini. I primi modelli di sottomarino risalivano già alla Guerra di Secessione (1861-1865), ma durante il primo conflitto mondiale sopratutto quelli tedeschi, gli U-Boot, divennero i protagonisti di una guerra illimitata nell’Atlantico.

Un carro armato britannico Mark V Un carro armato britannico Mark V – © IWM Q 106497

Guerre ottocentesche Prima Guerra Mondiale
Fattori decisivi
  • Abilità tattica dei comandanti
  • Fattore sorpresa
Modernità degli armamenti e apparato industriale
Armi Tradizionali Sviluppo di armi innovative, in particoalre di artiglieria pesante, ma anche aviazione e sottomarini, gas.
Forze Militari di professione al fronte Ingenti quantità di unità militari; mobilitazione generale; coinvolgimento della popolazione civile.
Tecniche di combattimento Scontri in campo aperto Guerra di posizione
Obiettivi Conquista del territorio nemico Esaurimento delle risorse del nemico, logoramento

Ernest Toller4, intellettuale e veterano tedesco, ha proprio scritto a proposito di questo nuovo tipo di guerra, così diversa da quelle dell’Ottocento:

Invece di essere riusciti a sottrarsi dal disumano meccanismo della moderna società tecnologica, i soldati s’avvidero  che la tecnologia dominava in maniera ancora più tirannica che in tempo di pace. Uomini che avevano creduto di poter riscattare attraverso gesta cavalleresche la loro spiritualità dall’onnipotenza delle forze materiali e tecnologiche, scoprirono che nella moderna guerra di materiali il trionfo della macchina sull’individuo raggiunge la sua forma assoluta.5

La propaganda e notizie false

La Grande Guerra è anche peculiare per la propaganda, che definiamo di seguito6.

Propaganda
Insieme coerente di messaggi affidati a veri media (manifesti, volantini, film e, poi, trasmissioni radiofoniche e televisive), che cercano di influenzare le convinzioni e i comportamenti del massimo numero di persone cui si rivolgono. Per questo i messaggi propagandistici non puntano a fornire informazioni imparziali, ma a suscitare reazioni emotive, sulla base di visioni o valutazioni unilaterali.

La propaganda  ha come finalità la costruzione di una narrazione che giustifichi la popolazione ad agire e ad attivarsi nel contesto bellico, ognuno deve dare il suo contributo, gli uomini al fronte, le donne in patria. La propaganda si serve di quelle che Marc Bloch definì le rappresentazioni collettive, come la cultura bellica, la mascolinità belligerante, la demonizzazione del nemico, la crocifissione. Tali rappresentazioni collettive non hanno nulla a che fare con la verità, ma anzi sono la causa di notizie false:

Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; […] la falsa notizia è lo specchio in cui la coscienza collettiva contempla i propri lineamenti.

Manifesti propagandistici della Prima Guerra Mondiale
Manifesti propagandistici della Prima Guerra Mondiale. Qui è possibile trovare una mappa e un elenco completi di tutti i manifesti propagandistici della Prima Guerra Mondiale.

L’inizio della guerra

La volontà di intraprendere la guerra era rafforzata dal fatto che la totalità dei capi di stato maggiore prevedeva che la guerra sarebbe stata breve. In altri termini una guerra di movimento, che sarebbe stata resa possibile da l’enorme potere offensivo che i nuovi armamenti offrivano. Tuttavia, alla sopravvalutazione dell’attacco corrispose una sottovalutazione della difesa. Già nell’autunno del 1914 infatti la guerra di movimento di trasformò in una guerra di logoramento. Iniziamo a considerare gli eventi bellici.

Il fronte occidentale

Il fronte occidentale fu segnato dall’attacco dell’esercito tedesco, che poteva vantare una logistica eccezionale grazie alla sua fitta rete ferroviaria. Le manovre dell’esercito tedesco seguivano un piano ideato sin dal 1905, il piano Schlieffen 7. Questo piano era stato studiato nell’eventualità di uno scenario bellico in cui la Germania si fosse trovata impegnata su un fronte occidentale e orientale, cosa che effettivamente avvenne durante la Grande Guerra.

In base al piano Schlieffen, la Germania avrebbe dovuto invadere prontamente la Francia, passando dal Belgio e dai Paesi Bassi, incurante della loro neutralità per poi arrivare a catturare Parigi, rafforzando le sue posizioni difensive ad oriente. Sotto la guida del Capo di Stato Maggiore Helmuth von Moltke8 la Germania invade effettivamente il Belgio nell’agosto del 14 e avanza rapidamente quasi sino a Parigi. Tuttavia la controffensiva francese fa arretrare il fronte – che poi si stabilizzerà – da Ypres a Verdun, praticamente sino alla fine del conflitto.

Il fronte orientale

Sul fronte orientale le prime avanzate dei Russi sembrano dare risultati. Questi risultati però vengono presto vanificati dagli eserciti della Germania e dell’Austria-Ungheria. Particolarmente significative le vittoriose controffensive tedesche di Tannemberg e dei Laghi Masuri nel settembre ’14, facendo arretrare il fronte sino alla Polonia. Si ripete la stessa dinamica del fronte occidentale: una potenza avanza, ma tale avanzata viene vanificata dalle controffensive; il fronte si stabilizza e la guerra di movimento diventa guerra di logoramento o di trincea.

L’Italia dalla neutralità all’intervento

Ritorniamo in Italia, ed in particolare nell’agosto del 1914. Giolitti non è più a capo del governo, sostituito da Salandra. La guerra del resto era iniziata con l’attacco dell’Austria alla Serbia. L’Italia era legata all’Austria e alla Germania dalla Triplice Alleanza, questo accordo era puramente difensivo. Di conseguenza l’Italia non era obbligata all’intervento.

I neutralisti

La compagine neutralista era composta sostanzialmente da tre gruppi:

  • i liberali giolittiani, che reputavano di poter ottenere Trento e Trieste conservano la neutralità.
  • La maggioranza dei socialisti. Questa si ispirava ai principi di della Seconda Internazionale, nella quale era emersa la posizione secondo cui la guerra non era altro che lo sfogo di interessi capitalistici sfavorevoli al proletariato.
  • Il mondo cattolico. Note sono infatti le parole di papa Benedetto XV che nel 1915 definì la guerra come: […] un’orrenda carneficina […] che disonora l’Europa, per poi definirla, due anni più tardi, nel 1917 un’inutile strage.

Gli interventisti

Sebbene non vi fosse obbligo d’intervento, in Italia, sebbene non fossero la maggioranza, molti gruppi propugnavano per la discese in guerra. Tra questi:

  • i nazionalisti irredentisti: a questo gruppo appartenevano coloro i quali vedevano nella partecipazione alla guerra un modo per completare quel processo risorgimentale annettendo quei territori che dovevano far parte dell’Italia, Trieste in particolare. Emerse, in questo gruppo che poteva contare il poeta D’Annunzio, la convinzione, di ispirazione futurista, che partecipare alla guerra fosse sintomo della vivacità e della vitalità di una nazione. Al punto 9 del Manifesto del Futurismo, scritto dal poeta Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) si legge: “Noi vogliamo glorificare la guerra – la sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.”
  • Diverse classi sociali: in particolare i grandi industriali, che vedevano nella guerra un’occasione di arricchimento, ma anche tutte le alte gerarchie militari, secondo le quali la partecipazione (vittoriosa) alla guerra avrebbero portato prestigio e onore a Vittorio Emanuele III e all’Italia.
  • Alcuni esponenti democratici come Salvemini e del socialismo in particolare Bissolati e Labriola. Questi ultimi volevano che l’Italia si schierasse con Gran Bretagna e Francia. In questo contesto va certamente citato Mussolini. Già direttore dell’ Avanti!, il giornale di partito del PSI, egli condusse almeno sino al novembre del 1914 una campagna a favore del neutralismo. Cambiando repentinamente opinione, fu destituito dalla carica di direttore dell’Avanti!, per poi fondare il Popolo d’Italia, che rispecchiava il sentire e le opinioni dell’interventismo di sinistra.

 

Il Patto di Londra e l’entrate in guerra-  26 aprile-24 maggio 1915

Ad ogni modo l’Italia si risolse per l’intervento. La frangia interventista, pur essendo minoritaria, ottenne certamente una grande visibilità e incisività. Il governo italiano, per poco meno di un anno dopo l’inizio della Grande Guerra, si impegnò in una serie di opportunistiche trattative. Lo scopo era ovviamente ottenere quei territori irredenti. Gli accordi con l’Austria, con la quale pure l’Italia era alleata, non ebbero alcun esito. L’Austria aveva iniziato la guerra e ben altre  erano le sue priorità rispetto all’eventuale rinuncia ad alcuni territori a favore dell’Italia. Il governo italiano si risolse quindi nello schierarsi a favore delle potenze dell’Intesa. Tale schieramento si concretizzò nel succulento Patto di Londra (26 aprile 1915), che il ministro degli esteri Sidney Sonnino firmò segretamente, all’insaputa del Parlamento. In base a tale Patto, l’Italia, per la sua partecipazione alla guerra, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto:

  • Trento;
  • Trieste;
  • il Sud Tirolo;
  •  l’Istria (non Fiume però);
  • le isole del Dodecaneso 9;
  • Valona in Albania;
  • un bacino carbonifero in Turchia;
  • parte delle colonie tedesche in Africa.

 

Nel mese successivo il governò appoggiò ed anzi istigò le manifestazioni interventiste, in cui spiccarono Mussolini e D’Annunzio, che definì quei giorni come le radiose giornate. Alla fine le posizioni neutraliste furono piegate e il governo Salandra si risolse nel dichiarare guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio 191510.

Video-lezione – Parte 1

Il biennio 1915-1916

Il fronte italiano

Come sappiamo, l’Italia entra nel conflitto dichiarando guerra all’Austria-Ungheria. Si viene così a creare un fronte che va dall’Isonzo al Carso. Le truppe italiane, sotto la guida del generale Cadorna nel 1915, sferrarono quattro assalti che non produssero alcun risultato se non 250000 morti. L’anno successivo gli Austriaci portarono contro gli Italiani la Strafexpedition, ovvero la spedizione punitiva per il tradimento italiano. Il fronte italiano arretra, ma tuttavia le truppe di Cadorna riescono a contenere gli Austriaci.

In Europa centrale: Verdun e il contrattacco sulla Somme

Le stesse dinamiche si ripetono tra Francia e Germania. Nel 1916 i Tedeschi portano un efferato attacco nella piazzaforte di Verdun, a cui Francesi e Inglesi rispondono con un contrattacco sulla Somme, un fiume poco più a Nord. Anche qui, come anticipato, non ci sono risultati concreti: lo spreco di vite umane è enorme, i risultati ottenuti praticamente nulli.

In Europa orientale: occupazione della Polonia e della Serbia

Al confine con la Russia e con i Paesi dell’Est,  i Tedeschi e gli Austriaci conseguono risultati più apprezzabili. In particolare, già nel 1915, l’Austria riesce ad occupare la Serbia, mentre la Germani occupa la Polonia.

 FOCUS – L’inferno della trincea

La trincea è certamente il simbolo più rappresentativo della Prima Guerra Mondiale. Un trincea è sostanzialmente un fossato utile a mettere al riparo i soldati dalla potenza di fuoco delle nuove armi. Nelle trincee i soldati rimanevano per giorni, settimane ed anche mesi. Le condizioni di vita nella trincea erano pessime. I soldati soffrivano il freddo invernale e la mancanza di adeguati approvvigionamenti.

Le condizioni igieniche erano parimenti pessime. Non esistevano bagni dove poter espletare i propri bisogni, i vestiti non erano cambiati con regolarità data l’impossibilità di muoversi, i topi, i pidocchi e le malattie erano all’ordine del giorno, soprattutto di colera, malaria e dissenteria.

Soldati in trincea durante la Prima Guerra Mondiale
Soldati in trincea durante la Prima Guerra Mondiale

A questo si deve certamente aggiungere i bombardamenti continui dell’artiglieria, una sensazione di morte imminente sempre presente, gli assalti contro il nemico, che spesso si risolvevano in un’inutile carneficina. Non è un caso che l’amor di patria venisse sostituito dallo spirito di sopravvivenza in modo che avvennero numerosissimi episodi di diserzione. I comandanti in capo degli eserciti, tra cui lo stesso Cadorna, furono severissimi nel punire queste defezioni. In alcuni casi si procedette anche con la decimazione, una antica tradizione romana di disciplina militare che consisteva nell’uccidere un soldato ogni dieci nei reparti insubordinati. 

Riportiamo una testimonianza, una lettera di un soldato italiano della vita in trincea:

Sono qui in una vita spaventosa in trincea, a centosettanta metri dagli Austriaci. […] Ho passato due notti consecutive in trincea […] sotto la pioggia che m’immollava fino alle ossa e mi riduceva a un solo mucchio di cenci acquosi e fangosi. […] Eppure dormivo, a tratti seduto sulla terra fredda, immerso nell’acqua e nel fango, mentre i razzi nemici sbiancavano le nostre trincee.[…]

Qui, dinanzi alla spaventosa realtà che chiama disperatamente a raccolta tutti gli istinti della vita, non può esserci entusiasmo. C’è senso del dovere. In Italia bisogna che non s’illudano […]. La nostra guerra sarà lunga, dura, feroce. 11

La guerra in mare

La guerra non si combatte solo a terra, ma anche in mare, dove, già nel 1914 la marina tedesca riesce a catturare/affondare una quarantina di imbarcazioni, non solo militari ma anche mercantili. Tra il 1914 e il 1915 la Gran Bretagna risponde con un blocco navale nel Mar del Nord al quale i Tedeschi reagiscono con i sottomarini, che affondando indiscriminatamente ogni nave mercantile diretta verso le isole britanniche.

Uno dei momenti di maggiore tensione nella guerra sottomarina fu l’affondamento del transatlantico RMS Lusitania da parte dell’U-20 tedesco (7 maggio 1915). Il Lusitania, che era partito da New York per arrivare a Liverpool, ospitava anche 128 cittadini statunitensi e l’episodio suscitò un’ondata di protesta tale che la marina tedesca si risolse col sospendere temporaneamente la guerra sottomarina. Dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti non sarebbero entrati in guerra prima della primavera del 1917.

George Grantham Bain Collection/Library of Congress, Washington, D.C. (digital file no. 3g13287u)
Il transatlantico Lusitania  – George Grantham Bain Collection/Library of Congress, Washington, D.C. (digital file no. 3g13287u)

La sospensione della guerra sottomarina permise alla Gran Bretagna di irrigidire il blocco navale estendendolo agli Stati alleati della Germania, sino a che, nel tentativo di sfondare il blocco, non si arriva alla battaglia navale dello Jutland (31 maggio-2 giugno 1916). La vittoria è tedesca ma non è decisiva: la Germania decide di riprendere con la guerra sottomarina.

Un U-Boot tedesco, l'U-25
Un U-Boot tedesco, l’U-25

L’impero ottomano e il genocidio degli Armeni -1915-1916

Oltre che per la guerra di trincea e per gli assalti che si risolvevano in massacri senza risultati significativi, la Prima Guerra Mondiale è stata anche lo sfortunato teatro del coinvolgimento dei civili. In particolare, l’episodio più deprecabile fu il genocidio degli Armeni da parte dell’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916.

Genocidio
Il termine è stato coniato nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin e deriva dal greco ghénos (razza, stirpe) e dal verbo latino caedo (uccidere). La parola sta ad indicare letteralmente “l’uccisione di un popolo”. Il genocidio degli Armeni fu il primo genocidio del XX secolo. Il genocidio è inoltre considerato un crimine contro l’umanità dalle Nazioni unite dal 1946. 

Le motivazioni del genocidio armeno vanno cercate nell’intolleranza e nel nazionalismo turchi. L’Impero Ottomano stava vivendo un periodo di profonda crisi, con periodici ridimensionamenti territoriali. Sin dalla prima metà dell’Ottocento aveva dovuto concedere l’indipendenza alla Grecia fino ad vedersi sottratta la Libia dagli Italiani nel 1912. L’impero, la cui religione maggioritaria era l’Islam, ospitava al suo interno due milioni di Armeni, di religione cristiana, che iniziarono a rivendicare l’autonomia sia dagli anni Novanta dell’Ottocento.

La situazione degli Armeni si aggrava con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale perché il popolo era diviso: una parte è nei confini dell’Impero Ottomano, l’altra si trova in Russia, mentre Russi e Turchi erano ovviamente in guerra, appartenendo ad alleanze diverse. Molti Armeni, volendo evitare una guerra fratricida, decisero di disertare e il governo Turco iniziò a dubitare della lealtà del popolo armeno.

Si decise così per la deportazione e lo sterminio del popolo Armeno che dal confine con la Russia e dalle città fu spostato, in condizioni terribili, verso zone periferiche dell’Impero. Nonostante le condanne verso  i Turchi per il genocidio armeno, nel dopoguerra, il primo governo turco post-impero negò il genocidio, che pure certamente vi fu. Le stime più attendibili indicano circa 1-1.5 milioni di Armeni morti, più della metà della popolazione armena nell’Impero.

Video-lezione – Parte 2

Il biennio 1917-1918: la svolta e la fine della guerra

Stanchezza dei soldati e crescita del pacifismo

La guerra di trincea, come già accennato, aveva pesantemente provato i soldati. Ribellioni, insubordinazioni e diserzioni diventavano sempre più frequenti. Molti soldati si consegnavano di propria volontà ai nemici come prigionieri di guerra.

Allo stesso modo, la società civile era sempre più sfiduciata e provata da una guerra che sembrare risolversi in un continuo massacro, senza che se ne potesse vedere una fine. A livello politico, erano i vari partiti socialisti ad opporsi sempre più alla guerra.

La pace di Brest-Litovsk – 3 marzo 1918

L’equilibrio delle forze in campo cambiò in un primo momento nel febbraio 1917, quando la Russia, che, oltre alle perdite lamentava anche una gestione indegna del conflitto, fu travolta dalla rivoluzione. La situazione si protrasse per almeno un anno, in cui la Russia fu più impegnata dai suoi problemi interni che dalla guerra, e, alla fine, il sentimento rivoluzionario e antibellico ebbe la meglio. Nell’ottobre del 1917 per la Russia si apriva la lunga stagione del comunismo, ed il nuovo governo voleva far uscire la Russia dal conflitto. Così, il 3 marzo 1918 la Russia firmò insieme agli imperi centrali la pace di Brest-Litovsk che, di fatto, sanciva la vittoria degli imperi centrali sul fronte orientale. In base a questo trattato la Russia avrebbe dovuto cedere alla Germania i Paesi sul Baltico e la Polonia. L’Ucraina otteneva così l’indipendenza.

L’appoggio statunitense all’Intesa

L’ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra mondiale fu abbastanza tardivo. La politica statunitense, guidata dal Presidente Woodrow Wilson era improntata all’isolazionismo. Tuttavia, il rilancio della guerra sottomarina illimitata da parte dei Tedeschi, che non erano riusciti a opere il blocco navale con la battaglia dello Jutland, rappresentava una minaccia per gli Stati Uniti, per almeno due motivi:

  • dall’inizio della guerra i rapporti commerciali tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si erano intensificati significativamente e la guerra sottomarina danneggiava anche i mercantili americania.
  • L’eventuale sconfitta di Francia e Gran Bretagna avrebbe significato l’impossibilità per gli Stati Uniti di riscuotere i crediti che avevano verso questi Stati.

Gli Stati uniti dichiarano quindi guerra alla Germania il 6 aprile 1917, mentre i primi reparti di fanteria non sarebbero arrivati prima della primavera del 1918.

L’agosto del 1918 è segnato dalla controffensiva dell’Intesa sul fronte occidentale. Gli imperi centrali son costretti ad arretrare, mentre i Turchi vengono definitivamente sconfitti dagli Inglesi nell’ottobre del 1918.

L’Italia dalla disfatta di Caporetto al successo di Vittorio Veneto

L’uscita della Russia dal teatro bellico permise alla Germania e all’Austria di spostare uomini e risorse sul fronte occidentale. Una delle conseguenze di tale irrobustimento del fronte occidentale fu devastante per l’Italia, ovvero la devastante sconfitta subita dall’esercito regio a Caporetto12, il 24 ottobre 1917. La disfatta fu di enormi dimensioni: tedeschi e austriaci penetrarono nel territorio italiano per 150 chilometri, riducendo di 400000 unità i soldati italiani13, in ritirata disordinata. Il disastro di Caporetto ebbe importanti conseguenze politiche come la caduta del governo Boselli e la nascita del governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando (ottobre 1917-giugno 1919).

Da punto di vista bellico, Cadorna fu sostituito da Armando Diaz, un generale più giovane e accorto, più consapevole della stanchezza dei soldati e del valore della loro vita, attento al loro addestramento. Diaz organizzò un nuovo fronte di difesa sul Piave che riuscì ad arrestare l’avanzata austriaca.

I Generali Luigi Cadorna e Armando Diaz
I Generali Luigi Cadorna e Armando Diaz

Nell’anno successivo, il fronte italiano era ritornato a stabilizzarsi. Tuttavia, il malcontento generale per la guerra continuava a montare in tutte le nazioni coinvolte. Nel settembre del 1918 la Bulgaria si arrese ai Francesi e ai Serbi, mentre l’Austria pativa le dichiarazioni di indipendenza dei Paesi balcanici come Iugoslavia, Cecoslovacchia e Ungheria. Il 29 ottobre un attacco italiano a Vittorio Veneto sconfisse definitivamente l’esercito austriaco che si arrese firmando l’armistizio il 3 novembre,  a Villa Giusti, nel padovano.

Il fronte italo-austriaco durante la Grande Guerra
Il fronte italo-austriaco durante la Grande Guerra – Fonte: Zanichelli

La caduta degli imperi centrali e la fine della guerra

Importante è certamente ricordare che la sconfitta di Vittorio Veneto che questo evento segna di fatto la fine dell’Impero Austriaco. L’11 novembre l’imperatore Carlo I abdicò e l’Austria divenne una repubblica.

Contemporaneamente, il 9 novembre, a Berlino una rivoluzione pone fine al Secondo Reich: nasce un governo socialdemocratico guidato da Friedrich Ebert e Guglielmo II è costretto alla fuga. Due giorni dopo, l’11 novembre 1918, la Grande Guerra si conclude, con il nuovo governo tedesco che firma l’armistizio a Rethondes, in Francia.

Il numero dei morti

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