In questo articolo trattiamo Giolitti e l’età giolittiana. Abbiamo già incontrato Giolitti durante gli anni della Sinistra Storica, poiché coinvolto nello scandalo della banca romana. Ti consigliamo anche di rivedere la breve lezione sulla crisi di fine secolo.
Indice
L’alba del Novecento in Italia
La crisi di fine secolo, ed in particolare l’uccisione di Umberto I, lasciavano intuire che la monarchia e il governo italiano avrebbero continuato, ed anzi intensificato, quell’atteggiamento repressivo che già era stato di Crispi e Pelloux. Dopo la brevissima esperienza del governo Saracco, Vittorio Emanuele II (1900-1946), inaspettatamente, conferisce l’incarico di Primo Ministro al liberale Zanardelli1, che porta nella squadra di governo Giolitti in qualità di Ministro dell’Interno. Questi sarà la figura di spicco dei successivi quattordici anni, che, non a caso, vengono definiti età giolittiana.
Zanardelli è già anziano e appena due anni dopo, nel dicembre 1903, muore, lasciando al Giolitti il ruolo di Presidente del Consiglio. Sin da subito il nuovo Primo Ministro abbandona l’attitudine repressiva tipica dei suoi predecessori di fine Ottocento, per dimostrarsi almeno neutrale verso i conflitti sociali.
Questa morbidezza in realtà portò dei risultati, soprattutto per quanto riguarda la crescita dei salari industriali ed agricoli, che nei primi quindici anni del Novecento crescono rispettivamente di un terzo e della metà.
La crescita e le riforme dell’età giolittiana
Crescita industriale
Gli anni dell’età giolittiana furono certamente caratterizzati anche da una significativa crescita economica, che interessò per lo più il Settentrione d’Italia. Il triangolo industriale (Milano-Genova-Torino) dava impiego al 60% della manodopera industriale. In questi anni continua a svilupparsi quel capitalismo spurio tipico dell’Italia a cavallo tra Ottocento e Novecento. Le imprese e le industrie italiane, in particolare quelle del settore meccanico e siderurgico, godettero di una significativa crescita grazie soprattutto alle commesse statali. Un ruolo importante fu ricoperto anche dalle banche miste, in particolare la Banca Commerciale e il Credito Italiano.
Banche miste |
Le banche miste sono istituti bancari che svolgono le funzioni di banche commerciali e banche d’affari. Le banche commerciali si occupano dei risparmi depositati dai clienti e permettono solo investimenti di breve periodo. Quelle d’affari sono istituti specializzati negli investimenti industriali e nei prestiti alle industria. La loro azione si svolge in una prospettiva di medio e lungo periodo. Una criticità della banca mista è che eventuali investimenti errati, che portano a perdite economiche, si riflettono anche su risparmiatori, poiché la banca utilizza i risparmi di questi per finanziare le industrie. |
La politica economica protezionistica da un lato contribuì a preservare la produzione industriale interna pilotando verso di essa i consumi, dall’altro danneggiò tuttavia l’economia meridionale, basata per lo più sui prodotti agricoli che incontravano crescenti difficoltà nell’esportazione.
Le riforme economiche e sociali
Abbiamo già affermato che Giolitti, diversamente dai suoi predecessori, in particolare Crispi e Pelloux, si dimostrò molto più tollerante, ed anzi neutrale, verso le rivendicazioni operaie, non reprimendo gli scioperi. Non solo questo, durante l’età giolittiana si assistette anche al varo di alcune importanti riforme dal significativo impatto sociale. Le elenchiamo sotto:
- La diminuzione dell’orario di lavoro a 10 ore.
- Tutele per la maternità delle lavoratrici e per il lavoro minorile (l’età lavorativa minima viene alzata ai 12 anni).
- Si riorganizza la Cassa nazionale per l’invalidità e per la vecchiaia dei lavoratori. Questo provvedimento viene poi ad essere completato nel 1912, quando nasce l’INA (Istituto Nazionale Assicurazioni), il cui scopo è quello di cofinanziarie le assicurazioni dei lavoratori in caso di malattie, monopolizzando di fatto il settore assicurativo. Questo provvedimento incontre L’INA non diventerà operativo prima del 1923.
- Importante ed incisiva è la riforma dell’istruzione. L’alfabetizzazione aveva già dato dei segnali di miglioramento con i provvedimenti intrapresi dalla Sinistra Storica. Nel 1904 si estende l’obbligo scolastico e, soprattutto le scuole elementari vengono statalizzate2.
- Altre riforme municipalizzano i servizi pubblici, come l’erogazione dell’elettricità, del gas o dei trasporti.
- Infine, nel 1905, sebbene il governo fosse retto da Alessandro Fortis, che pure era giolittiano, si procede alla nazionalizzazione delle ferrovie, che pure era una progetto presentato da Giolitti.
Giolitti e la questione meridionale
Collusione tra politica e criminalità organizzata
Giolitti non affrontò direttamente quelli che erano i problemi dell’Italia Meridionale, gravata sopratutto dalla criminalità organizzata, presente soprattutto in Sicilia e in Campania. Tutta la classe politica post-unitaria, aveva del resto sempre concepito il Meridione come una semplice estensione del Regno di Sardegna o, al più, un bacino elettorale. Non bisogna quindi stupirsi che anche durante l’età giolittiana questa connivenza tra politica e malavita continui a trovare spazio, soprattutto nella misura in cui gli stessi politici liberali – quindi appartenenti allo schieramento politico di Giolitti- abbiano utilizzato i criminali per pilotare il voto in maniera a loro favorevole.
Gaetano Salvemini (1873-1957), storico socialista che in seguitò si opporrà anche al fascismo, in uno scritto del 1910, Il ministro della mala vita, rimprovererà a Giolitti l’assoluta inazione contro questo fenomeno di collusione.
La legislazione speciale per il Mezzogiorno
Sebbene Giolitti non abbia intrapreso azioni atte a risanare il malcostume e la corruzione politica del Meridione, un’azione politica atta a migliorare l’economia meridionale è stata comunque presente. Lo è stata nella forme della cosiddetta legislazione speciale3 per il Meridione. Riassumiamo di seguito i principali provvedimenti:
- Nel 1902, quando il Primo Ministro era ancora Zanardelli, si stanziano i primi finanziamenti per la costruzione dell’Acquedotto Pugliese.
- Due anni dopo, nel 1904, il governo approva i Provvedimenti speciali per Napoli, che in sostanza prevedono sgravi fiscali sui prodotti di consumo e l’esenzione, per un decennio, dai dazi doganali per i materiali edili e relativi alla costruzione di infrastrutture industriali. Ancora, si cerca di favorire leggermente l’industria meridionale attraverso il sistema delle commesse. Infatti, almeno 1/8 dei nuovi vagoni ferroviari doveva essere acquistato per dalle industrie napoletane.
- Tra lo stesso 1904 e il 1906 il governo estende questi provvedimenti anche alla Basilicata come pure a tutto il Mezzogiorno.
Videolezione di sintesi 1
Le due anime del socialismo italiano
Nonostante la politica giolittiana non si sia dimostrata particolarmente repressiva nei confronti degli scioperi, questo non è sufficiente a rallentare la diffusione e la crescita del Partito Socialista. Questo del resto era scisso in due correnti:
- il socialismo riformista, incarnato da Turati e Leonida Bissolati, che puntava su un dialogo con le forze di governo e su un processo di riforme;
- il socialismo massimalista4, o rivoluzionario, in cui spiccavano le figure di Labriola, Lazzari e Mussolini, assolutamente contrari alla collaborazione con il governo e promotori di un cambiamento rivoluzionario e violento.
Ecco una tabella di riassunto5.
Socialismo riformista | Socialismo rivoluzionario o massimalista | |
Obiettivo | Riforme | Rivoluzione |
Metodo | Iniziative politiche e parlametnari nel rispetto della legge; necessità d un dialogo con il governo. | Insufficienza dei mezzi legali della lotta politica, necessità della violenza; rifiuto di qualsiasi rapporto con il governo e forze borghesi. |
Leader |
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Del resto Giolitti, nel tentativo di rafforzare l’appoggio politico di cui godeva, cercò più volte di avvicinare Turati, offrendogli anche incarichi di governo.
Turati, tuttavia, non accettò. Infatti la divisione interna al Partito Socialista tra riformisti e massimalisti era già presente e consistente. Lo stesso Turati fu messo in minoranza in due occasioni dai massimalisti:
- durante il Congresso di Bologna del partito nel 1904, nel qual i massimalisti trovarono la forza per indire il primo sciopero generale.
- Otto anni più tardi, nel 1912, nel Congresso di Reggio Emilia, occasione in cui Mussolini assunse la direzione dell’ Avanti, il giornale di partito.
Gli ultimi anni – 1911-1914
La conquista della Libia
Durante gli ultimi anni dell’età giolittiana, Giolitti volle riprendere la politica di espansione coloniale già inaugurata, con diversi fallimenti, verso la fine dell’Ottocento. Questa scelta politica fu suggerita da almeno tre elementi:
- placare le frange nazionaliste, dimostrando che l’Italia poteva godere di un certo prestigio internazionale;
- favorire gli interessi capitalistici, finanziari ed industriali che sempre beneficiano di un conflitto, dato l’aumento delle commesse statali;
- ottenere nuovi spazi e posti di lavoro per la popolazione, soprattutto meridionale, che continuava a emigrare massicciamente dalla fine dell’Ottocento, in particolare negli Stati Uniti.
L’obiettivo tuttavia cambiò. Ora l’Italia non era più interessata all’Etiopia, bensì alla Libia. Lo Stato italiano, riconoscendo l’intervento francese in Marocco, aveva ottenuto il via libera per la conquista della Libia. Questa regione era sotto il controllo dell’Impero ottomano, che tuttavia era già da tempo in declino. Nonostante il corposo contingente italiano inviato in Libia – 100000 uomini, la Libia resistette. La strategia italiana fu quindi quella di portare l’attacco verso la Turchia, in particolare verso le isole del Dodecaneso. I Turchi, intimoriti da un possibile assalto nel loro territorio, firmarono infine nel 1912 il Trattato di Losanna, con cui l’Italia otteneva infine la Libia.
Lo “scatolone di sabbia” – 1911-1912
La conquista della Libia – che fu di fatto limitata alla costa, almeno al 1927 – non portò con sé tutti quei vantaggi che pure avevano ispirato il governo Giolitti a intraprendere questa impresa. Infatti la Libia non era una terra particolarmente fertile né era ricca di metalli o materie utili all’industria. Salvemini definirà infatti la regione uno scatolone di sabbia. Solo nel 1959 si scoprirono i suoi ricchi giacimenti petroliferi, ma la Libia non era già più una colonia italiana. La conquista libica favorì solo e soltanto i gruppi industriali e militari.
Il suffragio universale maschile – 1912
La più importante riforma sociale e democratica si ebbe nel maggio del 1912 con l’approvazione di una nuova legge elettorale mediante la quale veniva introdotto il suffragio universale maschile. vi erano due possibilità scenari possibile per il votante:
- essere maschio e, senza ulteriori condizioni, ottenere il diritto di voto una volta compiuti 30 anni;
- oppure, essere maschio, avere almeno 21 anni e aver prestato servizio militare o saper leggere e scrivere.
Questa nuova riforma elettorale, molto significativa, fece aumentare l’elettorato dal 9.5% al 24% della popolazione. Lo scopo di Giolitti era sempre quello di ottenere una maggioranza quanto più stabile e per farlo doveva coinvolgere i grandi movimenti di massa. Chiusa la possibilità di coinvolgere nel governo i socialisti non rimanevano che i cattolici.
Il Patto Gentiloni e le elezioni – 1912-1913
Con la bolla Non Expedit del 1874 Pio XI aveva sancito il divieto per i cattolici di partecipare alla vita politica dello Stato italiano. Con Pio X invece i cattolici parteciparono alle elezioni del 1904, votando per la parte liberale a sfavore dei socialisti. Sin dal 1891 poi, in seguito all’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, gli ambienti cattolici erano andati sempre più attivandosi pur senza formare alcun partito politico. L’impegno cattolico si manifestava nel campo dell’assistenza sociale e in quello della cultura. Fondamentale era l’Opera dei Congressi, come pure i sindacati e le cooperative bianche6.
Giolitti, non potendo coinvolgere i socialisti nel governo, cercò dunque l’appoggio cattolico. Lo trovò nel 1912 grazie ad un patto con l’Unione elettorale cattolica presieduta dal conte Ottorino Gentiloni, da cui il nome del patto. In base a questo accordo i cattolici si impegnavano a votare i candidati liberali, mentre il governo si impegnava a:
- finanziare le scuole cattoliche;
- introdurre una legislazione separata per il clero;
- non introdurre il divorzio.
Il Patto Gentiloni permise a Giolitti di ottenere la maggioranza alle elezioni del 1913, riassunte dal seguente grafico.
La fine dell’età giolittiana – 1914
Nonostante la vittoria elettorale del 1913, il governo di Giolitti risultava indebolito, sopratutto per la vittoria di Pirro conseguita in Libia, un’impresa che, come abbiamo visto, aveva portato ben pochi vantaggi all’Italia. Giolitti quindi si dimise, lasciando lo spazio per la nomina di Antonio Salandra, politico conservatore. Salandra affrontò nuove ondate di proteste e disordini che attraversarono il centro-nord (Marche e Romagna), la cosiddetta settimana rossa (7-14 giugno 1914). Giolitti probabilmente credeva di riuscire a tornare al governo, ma già la situazione internazionale stava precipitando. Il 1914 fu infatti l’anno in cui esplose la Prima Guerra Mondiale e Giolitti, pur facendo parte della frangia neutralista, non riuscì ad impedire l’intervento dell’Italia in guerra. L’età giolittiana poteva dirsi conclusa.
Videolezione di sintesi 2