In questo articolo trattiamo il pensiero del filosofo e sociologo francese Edgar Morin (Parigi, 1921), noto per le sue riflessioni sul tema della complessità.
Indice
Le opere
Titolo opera | Anno di pubblicazione |
Introduzione al pensiero complesso | 1993 |
La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero | 2000 |
I sette saperi necessari all’educazione del futuro | 2001 |
La sfida della complessità | 2011 |
La certezza nei sistemi educativi
Il pensiero pedagogico di Edgar Morin ha avuto una profonda influenza ed è, in sostanza, figlio delle sue considerazioni filosofiche e sociologiche generali. Queste hanno per tema il concetto di complessità. Proprio da questo concetto il sociologo parte per muovere una critica ai sistemi educativi. Secondo l’Autore infatti i sistemi educativi hanno rinunciato a comprendere la complessità, preferendo ad essa la certezza, cioè l’insegnamento di contenuti semplici e chiari.
I pilastri della certezza secondo Morin
Tale certezza si basa poi su quello che il sociologo chiama i quattro pilastri:
- l’ordine: la realtà è ordinata in base a leggi e risponde a criteri deterministici. Il disordine è pertanto legato a parti della realtà che non siamo riusciti ad ordinare.
- La separabilità. Secondo l’Autore siamo portati a concepire la realtà e i problemi come scomponibili in parti più piccole da analizzare. Questa idea risale a Cartesio e alle regole che il filosofo francese individua, tra cui l’analisi, che è appunto quel concetto di separazione e scomposizione. Tuttavia, questo pilastro ha profonde conseguenze sul nostro modo di concepire il sapere. Esso non è più organico, bensì settoriale e settorializzato. Basti pensare alla distinzione tipica tra saperi umanistici e saperi scientifici.
- La riduzione. Questo pilastro è in stretta connessione con quello della separabilità. Ridurre infatti significa riportare la complessità di un problema ad una serie di costituenti base.
- La logica deduttiva e induttiva: secondo Morin a questi tipi di logica andrebbero aggiunti altre capacità umane, come la creazione e l’invenzione.
Il sociologo fa notare infatti che questo approccio “certo” alla realtà e alla soluzione dei problemi sia un’approccio monodimensionale, sintomatici di un’intelligenza cieca, non capace cioè di cogliere la complessità della realtà. Ad essa Morin preferisce certamente quella che lui chiama l’unitas multiplex, ovvero la compresenza di unità e molteplicità in una realtà.
Due esempi di monodimensionalità
Cerchiamo di dare sostanza a quanto detto sinora con due esempi tratti dallo stesso sociologo. Il primo riguarda la diga di Assuan, costruita per sfruttare la forza meccanica del Nilo per ottenerne energia elettrica. L’elettricità in questo caso è stata ottenuta a scapito della fertilità di quei terreni ai quali dalla diga è stato sottratta l’irrigazione da parte del Nilo.
Un secondo esempio è quello della medicina: è pur vero che la medicina ha fatto grandi progressi. Tuttavia ciò non toglie che le cure mediche che non prendono in considerazione l’interezza dell’organismo e la sua complessità, hanno molto spesso degli effetti collaterali non desiderabili
I sette saperi
Nell’omonima opera, Morin individua sette saperi che sono utili a sviluppare un approccio multidimensionale alla realtà.
- I fenomeni dell’errore e dell’illusione nel processo che porta alla conoscenza. Non si tratta infatti solo di imparare, ma di imparare mantenendo sempre attivo uno spirito di riflessione e di analisi critica dei saperi che si vanno acquisendo. In altri termini, il processo di apprendimento va sempre accompagnato da un processo metacognitivo. Imparare significa anche riconoscere quali erano gli errori e le false credenze che avevamo prima.
- La conoscenza pertinente come conoscenza globale. Questa è la capacità di sviluppare conoscenze che non si limitano a riferirsi ad un quadro locale, ma globale, cioè con riferimento planetario.
- La condizione umana. La frammentazione delle scienze ha comportato la concezione del fenomeno complesso della vita umana come a sua volta frammentato tra vita sociale, storica, politica. Tuttavia la condizione umana è costituita dall’insieme complesso di queste realtà, che si influenzano reciprocamente.
- La conoscenza dell’identità terrestre. Gli individui sono coinvolti in un processo di globalizzazione. Questo implica la stretta relazione e interdipendenza tra i vari luoghi e popoli del mondo e la necessità di elaborare e condividere strategie comuni.
- Affrontare l’incertezza. Nel Novecento è tramontata definitivamente la concezione deterministica delle scienze. Molte di esse quindi si muovono sul terreno dell’incertezza, della probabilità (si pensi alla fisica quantistica, all’evoluzione biologica). L’istruzione deve pertanto fornire ai discenti gli strumenti per affrontare l’incertezza.
- Insegnare la comprensione. Non si tratta della comprensione teorica di un argomento, ma della comprensione empatica, sociale e interpersonale tra gli esseri umani. Questo aspetto è stato trascurato, pur essendo l’unico antidoto contro la xenofobia, l’odio e il disprezzo del diverso.
- Conoscere l’etica del genere umano. L’essere umano può essere considerato come singolo individuo, come membro di una società e, infine, come membro di un’intera specie. La responsabilità delle proprie e altrui azioni va considerata eticamente tenendo in mente la cittadinanza planetaria che ognuno di noi possiede. Di conseguenza non siamo solo responsabi verso noi stessi, la nostra famiglia, la nostra comunità, il nostro Stato, ma verso tutto il mondo.