In questo articolo trattiamo la comunicazione verbale, paraverbale e non verbale. Per un docente comprendere questi aspetti è importante, dato che molta parte del suo lavoro si basa proprio sulla comunicazione, non solo con gli studenti, ma anche con i genitori degli studenti e con i colleghi.
Indice
Una distinzione iniziale
Iniziamo distinguendo tra:
- comunicazione verbale: quella che avviene tramite parole, emesse a voce o scritte;
- paraverbale: quella che declina il contenuto verbale secondo alcuni elementi;
- non verbale: quella che avviene per mezzo della mimica facciale e della postura.
La comunicazione verbale
La comunicazione verbale, come si è detto, è il passaggio di contenuti intelligibili attraverso lo strumento delle parole o dello scritto. Questo particolare tipo di comunicazione è particolarmente indicato per trasmettere contenuti, concetti, nozioni, ragionamenti e, di conseguenza, rappresenta la maggior parte dell’attività dell’insegnamento frontale.
Questa fattispecie comunicativa presenta molte difficoltà quando, oltre a concetti e argomenti, si vogliano trasmettere sentimenti ed emozioni. In particolare, non è finalizzato a sviluppare un legame empatico, che è pure molto utile nei rapporti umani, e pertanto anche nel rapporto docente-studente.
La comunicazione paraverbale
Questa fattispecie comunicativa rappresenta un necessario arricchimento di quella verbale. In questa tipologia troviamo alcuni elementi della voce caratterizzante il modo in cui comunichiamo e quello che vogliamo comunicare. Tali elementi sono:
- il volume: ovvero l’intensità che con la quale emettiamo le onde sonore. La stessa frase può essere detta sottovoce o urlando, trasmettendo così significati diversi;
- il tono: ovvero il modo in cui presentiamo quello che diciamo. Possiamo infatti proferire la stessa frase in modo pacato, sarcastico, ironico, retorico, disinteressato ecc.;
- il ritmo: ovvero la frequenza di emissione delle parole. Anche il ritmo contribuisce a modificare il significato. Ad esempio una emissione lenta di parole può farci sembrare insicuri, ma, allo stesso tempo, potrebbe anche indicare che stiamo dando particolare enfasi al concetto che stiamo esprimendo.
Queste tre caratteristiche sono dette contingenti, cioè possono cambiare in base alla situazione. Altre due caratteristiche invece sono permanenti, tipiche del parlante, e pur non modificando il significato, hanno un influsso emotivo sull’interlocutore. Queste caratteristiche sono:
- l’altezza della voce, che può essere acuta o grave;
- il timbro della voce, che è l’elemento che ci permette di riconoscere che una certa frase è stata proferita da un certo soggetto.
Comunicazione non verbale
Differentemente dalle fattispecie verbale e paraverbale, la comunicazione non verbale opera anche in assenza di parole. Particolarmente importanti per questa fattispecie comunicativa sono la mimica faccia – comprensiva dello sguardo – , la gesticolazione e la postura.
La mimica facciale e lo sguardo
La mimica facciale è di fondamentale importanza nella trasmissione di significati non verbale. Siamo infatti capaci di riconoscere l’atteggiamento, i sentimenti e le intenzioni del nostro interlocutore guardando la sua espressione e il suo sguardo. Sappiamo dunque distinguere sorrisi sinceri da quelli di circostanza, una risata genuina da una amara. Anche lo sguardo è importante. Se, mentre parliamo con una persona, il suo sguardo è sfuggente, ciò può indicare una situazione di disagio. D’altro canto se il nostro interlocutore ci guarda fisso negli occhi, ciò può essere indice di sfida o aggressività.
Il massiccio utilizzo di emoji sta proprio da indicare l’importanza della mimica facciale e dell’espressività del viso. Un messaggio non corredato da esse può di sovente venir frainteso.
Gesticolazione e automanipolazione
Anche le mani sono un potente strumento di espressione. Mettere le mani a campana indica una certa autorevolezza, toccarsi il mento o la guancia può indicare profonda riflessione, lo sfregametno delle mani può indicare l’aspettativa per qualcosa di buono.
Esistono alcuni gesti che ricadono poi nell’automanipolazione. Sono gesti ripetitivi che non vanno confusi con dei tic. Toccarsi i capelli, lisciarsi la barba, coprirsi il volto con le mani sono in genere indice che il soggetto che li compie è in un momento stressante. Il loro scopo è quindi quello dell’autoconforto.
La postura
Anche la postura contribuisce alla comunicazione non verbale. Se parliamo della postura da seduti, stare con gambe e braccia incrociate può indicare una poca disponibilità all’ascolto, mentre invece protendersi verso l’interlocutore indica la volontà di ascoltare. Piegarsi sulla sedia e porre le mani dietro il capo invece è indice di sufficienza, mentre pulirsi la giacca o togliere le briciole dalla tavola può indicare disapprovazione.
La postura che assumiamo da eretti può fra trasparire anch’essa dei significati. Camminare eretti infatti indica confidenza in se stessi e sicurezza, al contrario dell’incedere piegati. Se congiungiamo le mani dietro la schiena mentre camminiamo può dare l’impressione di essere preoccupati o alterati. Ancora, incrociare le braccia sul petto indica un atteggiamento di difesa o di opposizione, mentre appoggiarsi con una mano o con la spalla ad una parete incrociando le braccia indica rilassatezza.
La prossemica
La prossemica è lo studio della distanza tra i soggetti in relazione alla loro interazione sociale. Si è osservato che:
- Una distanza inferiore a 30-40 cm è indice di intimità, ovvero vi è molta confidenza tra i soggetti;
- Dai 30-40 cm a circa 1-1,2 m tale distanza si dice personale, ed è tipica tra gli amici, persone che intrattengono un rapporto informale;
- Tra circa 1 m e 3,5 la distanza si dice sociale. Questa distanza è tipica dei rapporti tra persone che condividono un ambiente, ad esempio lavorativo, e tra le quali vi è un rapporto formale.
- Oltre i 3,5 metri si parla di distanza pubblica. Essa è quella che manteniamo in pubblico nei rispetti di persone che non conosciamo e con le quali non abbiamo alcun tipo di relazione.
La seguente immagine rappresenta i livelli della prossemica.
La regola del 7%-38%-55% di Mehrabian
Lo studioso Mehrabian ha introdotto la regola del 7%-38%-55%, per indicare che veicoliamo i messaggi empatici emotivi al 7% con la comunicazione verbale, al 38% con quella paraverbale, e al 55% con quella non verbale, secondo il seguente schema.
Qualora vi fosse incoerenza tra quanto espresso dai vari tipi di comunicazione, l’interlocutore normalmente tende a considerare i canali paraverbali e non verbali come quelli effettivamente veicolanti la comunicazione.