La crisi del dopoguerra in Italia (1919-1921)

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In questo articolo trattiamo la crisi del dopoguerra in Italia tra il 1919 ed il 1920. Questo periodo, noto anche come biennio rosso, segna il declino della politica liberale.

La delusione per la vittoria mutilata

L’Italia era uscita dalla Grande Guerra da vincitrice, almeno formalmente. Nei tavoli di trattativa della conferenza di pace di Parigi tuttavia le sue richieste non furono esaudite che parzialmente. All’Italia vennero concessi l’Alto-Adige, il Trentino, la Venezia-Giulia, l’Istria e Trieste. Le furono negate invece Fiume e la Dalmazia.

Questa decisione mortificò i rappresentati politici italiani, ovvero il Primo Ministro Vittorio Emanuele Orlando e il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino. Questi abbandonarono il tavolo delle trattative in segno di protesta.  Il Patto di Londra del 1915 non era stato rispettato. Orlando si dimise.

Il malcontento si diffuse anche nella nazione. Si iniziò a parlare di vittoria mutilata, un’espressione coniata da Gabriele D’Annunzio.

L’impresa fiumana e il Trattato di Rapallo

Proprio D’Annunzio fu il protagonista di un’impresa singolare. Nel settembre 1919, alla guida di un gruppo di 2500 volontari, conquistò Fiume. Vi instaurò un governo provvisorio che durò poco più di un anno. Il poeta-soldato istituì a fiume una vera e propria dittatura personalistica e una costituzione detta Carta del Carnaro.

Sebbene l’impresa fiumana violasse gli accordi di pace, il Primo Ministro Francesco Saverio Nitti non intervenne in alcun modo. Solo con il governo Giolitti la situazione venne risolta. Giolitti avviò con la Iugoslavia una serie di negoziati che si tradussero nel Trattato di Rapallo (novembre 1920). In base a questo trattato l’Italia otteneva Zara, mentre Fiume acquisiva lo status di città libera, posta cioè sotto la tutela della Società delle Nazioni.

D’Annunzio si rifiutò di lasciare la città. Il governo inviò l’esercitò e Fiume fu liberata il 26 Dicembre, dopo cinque giorni di resistenza.

La crisi economica  e sociale

Al di là della piccola parentesi fiumana, una profonda crisi economica e sociale attraversava l’Italia del primo dopoguerra. Il disagio colpiva certamente i reduci di guerra. Ritornati dal conflitto, gli ex-soldati, spesso mutilati, facevano fatica a trovare un impiego. L’economia risentiva dello sforzo bellico e la disoccupazione era in ascesa. L’industria italiana era infatti impegnata in un processo di riconversione. Dall’economia di guerra bisogna passare ad un’economia di pace. Questo riassestamento non fu però indolore. Inflazione e crollo del valore della lira contribuiscono ancor di più a peggiorare l’economia e diffondere il malcontento.

Il malcontento dei reduci trovò espressione nell’Associazione nazionale combattenti (ANC), fondata sin dal 1918. Caratteristiche dell’ANC furono certamente l’attitudine antipolitica e antisistema. Sono questi gli anni in cui il Partito Libera risente di un declino legato alle nuove istanze alle quali esso non era in grado di rispondere.

Il Partito Socialista e il Partito Popolare

Questi anni di crisi nell’immediato dopoguerra crearono grande sfiducia verso la parte liberale. Tale sfiducia trovò espressione nello spostamento di voti dalla colazione liberale verso due partiti: il Partito Socialista Italiano (PSI) e il Partito Popolare Italiano (PPI).

Il PSI

Il PSI registrò un significativo aumento degli iscritti. Ciò era dovuto in buona sostanza alla crisi economica, all’aumento della disoccupazione e all’inflazione. Il Partito Socialista, dal canto suo, non era omogeneo, ma diviso in correnti. Come sappiamo vi erano due principali correnti:

  • l’ala riformista, guidata da Filippo Turati e Claudio Treves. Questa corrente mirava all’integrazione del partito nel gioco democratico istituzionale;
  • l’ala massimalista, ispirata dalla Rivoluzione bolscevica, rifiutava di partecipare al governo “borghese” e mirava, come ultimo obiettivo, alla costituzione di un nuovo ordine politico.

 

In questi anni, tuttavia, l’ala massimalista si sposta ulteriormente a sinistra. a causa dell’ascesa, tra le fila dirigenziali del partito di due nuove figure:

  • Amadeo Bordiga (1889-1970), direttore del settimanale ll Soviet, con sede a Napoli (1918).
  • Antonio Gramsci (1891-1937), fondatore della rivista L’Ordine Nuovo, a Torino (1919).
Il simbolo del PSI nel 1919
Il simbolo del PSI nel 1919

Il PPI

Nel gennaio 1919 nasce il Partito Popolare Italiano, fondato dal sacerdote siculo Luigi Sturzo (1871-1959). La fondazione di questo partito è una novità nel panorama politico italiano. I cattolici infatti facevano generalmente parte della coalizione liberale, almeno dal Patto Gentiloni.

Il PPI si proponeva invece come forza politica autonoma, di ispirazione cattolica, ma di natura laica. Altre componenti del pensiero popolare erano la cooperazione e la solidarietà. Sebbene dunque i popolari prestassero attenzione alle istanze sociali, non condividevano il concetto socialista lotta di classe.

Il simbolo del PPI nel 1919
Il simbolo del PPI nel 1919

Nascita dei Fasci di Combattimento

Un’altra forza politica che emerge in questi anni è certamente il movimento dei Fasci italiani di Combattimento, fondato da Mussolini a Milano nel marzo del 1919. La sua base è in buona sostanza quella della classe media, le cui istanze erano state accantonate.

Per quanto riguarda il suo programma1, così esso viene caratterizzato da Borgognone e Carpanetto2:

Come risulta evidente dal programma dei Fasci, il movimento mescolava – in modo alquanto contraddittorio – spunti anticlericali e anticapitalistici di matrice democratico-socialista a posizioni antiliberali e – addirittura – antisocialiste proprie del nazionalismo. Obiettivo principale dei suoi ideatori era infatti quello di conquistare consensi tra quanti non si riconoscevano nei partiti politici né di sinistra né di destra, e mostravano anzi aperta ostilità nei confronti delle istituzioni liberali e della politica stessa.

Violenza e squadrismo

Una componente da sempre caratterizzante il movimento del fascismo fu certamente la violenza e lo squadrismo.

Squadrismo
Con il termine squadrismo si intende la pratica di servirsi di squadre d’azione armate per l’intimidazione degli avversari sindacali e/o politici. Lo squadrismo è una componente costitutiva del fascismo, che se ne servirà intensivamente. Le squadre d’azione fasciste sono chiamate anche camicie nere, poiché di esse consisteva l’uniforme degli squadristi.

Riportiamo – tra i tanti – due tra i più significativi episodi di violenza fascista di questi anni:

  • l’attacco alla redazione dell’Avanti! (Milano, 15 aprile 1919). Un corteo di fascisti, tra cui Luigi Marinetti irruppe nella sede milanese del giornale socialista Avanti!3, distruggendo i macchinari e incendiando le stanze.
  • l’assalto a Palazzo d’Accursio (Bologna, 21 novembre 1920). Centinai di fascisti assaltano la sede del municipio dando vita ad uno scontro a fuoco con i socialisti, causando una decina di morti e cinquanta feriti.

 

Bisogna affermare che lo Stato fu sempre tollerante ed in alcuni casi connivente con la violenza fascista.

Il simbolo del Movimento dei Fasci Italiani di combattimento
Il simbolo del Movimento dei Fasci Italiani di combattimento è il fascio, ovvero un mazzo di fuscelli di legname legati da lacci di cuoio. Al centro del mazzo c’è una scure. Questo simbolo è antico: veniva infatti usato dai magistrati romani per indicare unione e forza.

Le elezioni del 1919 e la crisi della coalizione liberale

Il 1919 fu anno di elezioni. La prima novità da presentare rispetto a queste elezioni è certamente l’introduzione di un sistema elettorale proporzionale.

Sistema elettorale proporzionale
Un sistema elettorale proporzionale è tale quando il numero di seggi assegnati ad una lista è proporzionato ai voti ottenuti dalla lista stessa.

Il secondo aspetto è certamente il declino dei liberali testimoniato da queste elezioni. Il PSI ottenne ben 156 seggi, il PPI 100, mentre i liberali conseguirono si la maggioranza, ma relativa: 217 seggi su 473. Il seguenti grafici mostrano la composizione del parlamento dopo le elezioni del 1913 e dopo quelle del 1919.

Si può notare come il calo del consenso intorno ai liberali sia evidente. Nel 1913 la maggioranza liberale non era relativa, bensì assoluta. Un altro aspetto da notare è l’assenza di forze fasciste nel parlamento.

La crisi del dopoguerra e il biennio rosso

Abbiamo visto che il biennio 1919-1920 è un periodo di profondo fermento politico. Nascono nuovi partiti e movimenti come il PPI e il movimento dei Fasci da combattimento. Forze politiche preesistenti si rafforzano come nel caso del PSI, o si indeboliscono come nel caso dei liberali.

Questo periodo è stato inoltre attraversato da una serie di lotte sindacali. Questo fenomeno non ha interessato esclusivamente l’Italia, ma tutta l’Europa e trae le sue origini dalla Rivoluzione Russa del 1917. Per questo parliamo di biennio rosso.

Ancora di più, quello che è importante per gli sviluppi storici immediatamente futuri, è comprendere come questo periodo costituisca l’anticamera dell’ascesa del fascismo.

Tabella dei governi italiane tra il 1919 ed il 1921

Governo data inizio data fine Legislatura
Orlando 30 ottobre 1917 23 giugno 1919 XXIV
Nitti 23 giugno 1919 21 maggio 1920 XXIV
Nitti II 21 maggio 1920 15 giugno 1920 XXV
Giolitti V 15 giugno 1920 4 luglio 1921 XXV

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